E QUESTO È GODOT...?

Vito Labarile

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La kermesse culturale"Arriva Godot", che ha visto l'esordio del nuovo assessore alle culture della Città, si è conclusa confermando le coordinate politiche della nuova classe
dirigente che è al governo nelle Istituzioni del Paese: lì dove il potere ha un ruolo centrale sotto forma di rottamazione, di ricambio generazionale fatto con maniere decise.
C'è un problema in questo schema: dopo la conquista, il potere occorre riempirlo di fatti, di idee, di proposte. E qui il giovane assessore alle culture arriva tardi e male, perché
senza alcun riguardo per il passato, non si raccorda al territorio ma a un popolo, quello degli operatori locali del settore culturale, strutturati e non, a cui si rivolge come il più politicista di tutti i suoi predecessori.
Alcune delle sue affermazioni, espresse con il piglio del nuovo padrone del vapore risultano avventurose:

- Bari deve tornare ad essere capitale del turismo business e del
turismo week-end, bisogna incrementare le presenze alberghiere da uno a cinque milioni.
- Creiamo e vendiamo un'atmosfera, realizziamo una Caravella simile a quella della famosa spedizione del 1087, e offriamola alla visita dei turisti e delle famiglie.
- Demoliamo le mura che circondano la Rossani e riduciamola a solo parco urbano.
- L'Accademia di Belle Arti mandiamola in fiera.
- Il museo di Arte Contemporanea lo realizziamo nella Sala Murat.
- Il Margherita lo attrezziamo come il posto più "Figo" di Bari, con un grande Bar da far invidia alla Vela, e per il resto teatro, con la variante che si potranno togliere le poltrone e
trasformare la platea in una grande discoteca.
- Chiediamo ai ricchi soci dei circoli della vela, del Barion, e dei Rotary, di sostenere la Cultura in Città.
- Insomma Bari come Torino o Genova.
Dimentica, questo giovane assessore, che a Torino sono stati fatti investimenti imponenti in ambito urbanistico e culturale: il passante ferroviario, il parco del Valentino, il restyling del centro storico, i tanti musei riuniti in un'unica Fondazione, la Venaria, Palazzo Reale e Palazzo Madama, Rivoli, la Gam, l'Egizio, il Museo del cinema, dell'Automobile e tanto altro ancora.
E il disegno urbanistico di Bari che emerge dal lavoro della precedente Amministrazione che fine fa?
- La Cucitura tra le due Città previsto nel concorso internazionale BARI CENTRALE, il grande mall di verde urbano disegnato da Fuksas, la Rossani come Hub di imprese creative, il miglio dei teatri e sedi di industrie culturali diverse e dialoganti tra loro, il Castello che assorbe la Pinacoteca e diventa un museo di arte antica e moderna, la
ex Manifattura dei Tabacchi come student center e museo dinamico del bambino, il polo del contemporaneo strutturato come centro di ricerca, didattica, produzione, esposizione, che necessità di spazi idonei, non meno di 8.000/10.000mq e non certo i 500mq della sala Murat.
Il turismo business, caro assessore, s'incrementa se riprende a funzionare l'industria manifatturiera e logistica della Città.
Se la Fiera cessa di essere oggetto di spezzatino immobiliare (il museo del cinema, il cineporto, Eataly, ora anche l'Accademia), che ha come scopo la sostituzione del reddito industriale con quello immobiliare.
Se si realizza in Città un moderno ed efficiente Centro Congressi. E poi il tema del Partenariato Pubblico-Privato in tema di gestione delle industrie culturali, dove la precedente Amministrazione aveva ottenuto risultati cospicui, e che oggi sembra lo stiano scoprendo in tanti, anche Coloro che in Città da dieci anni lo hanno avversato con
ogni mezzo. In Italia i Privati che investono in Cultura sono tanti e mobilitano risorse per 1,5 punto di PIL ogni anno. Questo Mecenatismo educato il Pubblico lo intercetta solo se eleva la qualità della sua progettazione, se predispone progetti di fattibilità seri e convincenti.
Cercare e intercettare i Privati e' un mestiere, che il Pubblico deve esercitare mettendo in campo una grande ambizione. Questo significa guardare ai Formandi prima ancora che ai
Formatori, premiando il merito e non l'appartenenza, ricercando sempre la domanda  esterna, perché sono questi i presupposti perché una Città ritorni a pensare in grande.
Ed è' operando in tal modo che si sostiene il localismo virtuoso e non certo quello autoreferenziale e inconcludente, che ricerca nella Politica il suo datore di lavoro.
Che dire allora, caro assessore, mi ascolti: "E chiama a Decaro" 


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