ECONOMIA E TECNOLOGIA NELL'ERA GLOBALE: IL PROGETTO DI DANIEL KELLER PER 63RD-77TH STEPS

Antonella Marino

TESTO

IMMAGINI

Dilemma etico - economico: nella produzione di un'automobile è accettabile che si risparmi su un componente per trarre maggior profitto anche a rischio della sicurezza umana? La controversia è il tema dell'acceso dibattito sul caso di un modello Ford tra il regista di denuncia Michael Moore e l'economista statunitense Milton Friedman. Le cui voci (nella traduzione italiana, affidate rispettivamente ad un attore e ad un'attrice reclutati a pagamento in Internet) sono trasmesse da microfoni posti su due tele che si fronteggiano sul ballatoio del condominio barese per il quarto appuntamento di  63rd-77th STEPS - Art Project Staircase.

Nuovo protagonista del progetto ideato da Fabio Santacroce è Daniel Keller, ventiseienne artista americano residente a Berlino, che ha allestito a Bari una complessa installazione intitolata "Spirito Scala". Sulle due tele stampate digitalmente con textures di “arido” appeal, l’artista ha distribuito delle conchiglie raccolte in un fiume di Detroit colonizzato da questa specie "Zebra", che è giunta sotto le navi russe negli anni della guerra fredda. Arrivano invece dall’Honduras, recapitate direttamente con la formula di spedizione “Amazon global priority”, le pietre che formano piccole sculture collocate su diversi gradini sopra le proprie scatole d'imballaggio. Il percorso verso la terrazza si chiude, poi, con una playlist techno trasmessa da un lettore mp3 appeso ad un ramo raccolto su una spiaggia barese.

Keller - lanciato sulla scena internazionale col duo Aids-3D dalla collettiva "Younger than Jesus" (organizzata da Massimilino Gioni al New Museum di New York nel 2009) - si muove con destrezza tra sperimentazioni linguistiche e acute riletture socio politiche. Entro un campo d’azione fluido e dinamico nel quale le cesure tra spazio virtuale e reale, immaterialità e materialità, si annullano a favore di una pratica artistica intesa come riflessione critica da esperire direttamente su problematiche economiche e tecnologiche della società globalizzata. Questioni su cui sempre più si stanno accendendo i riflettori del mondo dell'arte, e che abbiamo affrontato di persona con lo stesso autore...

Cominciamo dal tuo progetto qui a Bari. Quali sono i contenuti e perché la scelta di questo titolo? Come ti sei rapportato allo spazio espositivo e alla città?

Il titolo è una sorta di errore di traduzione intenzionale dell’espressione francese “l’esprit de escalier”, che identifica quella particolare situazione nella quale una frase che si sarebbe voluta usare come replica vincente e immediata a una provocazione verbale arriva in ritardo, quando si è ormai "sulla scala" ed è troppo tardi per usarla. L’ho pensato, forse in maniera così letterale, in relazione alla specificità di questo luogo espositivo ma forse anche in funzione del fatto che ho pianificato il mio intervento “post-studio”, durante il mio viaggio di quattro mesi tra Messico, Los Angeles, Detroit, Bologna e Bari. Ma, più specificamente, fa riferimento al pezzo centrale della mostra intitolato “Milton Friedman puts a young Michael Moore in his place (dittico)”, che mette “in cornice” una sorta di vittoria della crudele logica di Milton sull’idealismo giovane di Michael Moore. E’ un lavoro che si pone anche come una riflessione sull’attuale stato del mondo dell’arte così pieno di pittura realizzata solo a fini speculativi. A questo spazio qui a Bari mi sono relazionato tenendo conto non solo della sua peculiare specificità ma trattandolo, parallelamente, come uno spazio neutro che possa vivere anche solo attraverso la documentazione della sua attività.

Ho notato in questo progetto una particolare sensibilità per gli objects trouvées che agiscono come micro ricettori di problematiche più globali: i mitili trasportati accidentalmente a Detroit sotto le navi russe, pietre di spiagge honduregne recapitate da Amazon, i relitti di vegetali recuperati a Bari… Tutti questi reperti naturali condensano una riflessione acuta e sono allo stesso tempo strettamente connessi con la rete. Come s’intersecano la dimensione virtuale e quella fisica nelle tue opere?  

Effettivamente, buona parte della mia pratica ha a che fare con questa dimensione locale e globale mixata a certe anomalie legate alla rete. E’ in sintonia con i miei progetti sulle società nei paradisi fiscali, con la conferenza TEDx che ho organizzato assieme a Simon Denny in Liechtenstein, etc. Le conchiglie “Zebra” m’interessano particolarmente su un piano personale in quanto provengono dalla Russia, il paese dei miei antenati. Sono state esportate nei Grandi Laghi dalle navi russe che giungevano lì per la prima volta. Si sono insediate nella regione dove sono cresciuto e continuano a viaggiare attraverso i miei spostamenti in Europa o Messico, dove le propongo come elementi decorativi nei miei lavori. Su un fronte più globale, credo che queste conchiglie possano anche rappresentare la caduta del trionfo del capitalismo sul sistema sovietico e “la fine della storia”, così com’è stata definita da Francis Fukuyama. Analogamente, le rocce rappresentano un antico e significativo esempio di organizzazione intelligente della materia o “negentropia”, attualmente gestita dalla mega società Amazon.

La tua ricerca è stata inserita all'interno della cosiddetta Post Internet Art. Ti riconosci in questa definizione? Quali sono le differenze con la prima generazione di net artists?

Non sono mai stato particolarmente interessato al web come a un luogo d’incontro, piuttosto mi affascina come forma di spazio materico. Preferisco pensare a Internet come a una piattaforma vocalizzata o un sistema di distribuzione. Molti artisti sono stati inglobati in questa definizione che può, forse, avere senso su un piano storico, ma in realtà andrebbe inteso più come un’espressione legata a differenti gruppi di persone distribuite in rete interessate a tematiche varie. Può essere controproducente, invece, essere collegato ad un genere o movimento che è intrinsecamente “modaiolo” e che dovrà affrontare ripercussioni non appena acquisisce un maggior successo commerciale e istituzionale.

I tuoi lavori sconfinano in pratiche di attivismo e d’impegno ecologico e politico. Quale pensi sia o dovrebbe essere il ruolo dell'artista nella società globalizzata? E’ un impegno attuabile in solitario o richiede un lavoro di gruppo? Hai “compagni di strada”?

Sinceramente non credo che l’arte sia il mezzo più indicato per produrre cambiamenti di ordine politico o ecologico. Il meglio che l’arte può fare è, semmai, offrire una sorta di vaga consapevolezza critica e sollecitare il pubblico, in maniera sottile, a riflessioni e opinioni in merito a diverse questioni.

A questo proposito: a Wyoming hai fondato una “società/scultura” chiamata Absolute Vitality inc. Potresti parlare di questa esperienza e dei suoi obiettivi?

Anche in questo caso il progetto ha a che fare con quel mix tra globale e locale di cui prima parlavo. Absolute Vitality è una società situata a Wyoming, di mia comproprietà, dei miei galleristi Kraupa-Tuskany Zeidler e di alcuni collezionisti europei.  Nessuno di noi era mai stato, prima, a Wyoming. Per questioni legali vantaggiose abbiamo deciso di stabilire lì questa società/scultura. L’idea di base era creare un’opera che fosse una manifestazione legale/giuridica del rapporto tra artista, collezionista e galleria. Nel concreto, come tutte le forme di collaborazioni, anche questa procede in maniera lenta e non senza difficoltà, ma continua a crescere creando una serie di altre sculture/società sussidiarie parzialmente di proprietà della società madre. L’obiettivo è che diventi una sorta di ameba concettuale, legale e fisica capace di crescere e riprodursi da sola.

Qual è il tuo rapporto col sistema dell’arte (critici, gallerie…) e il mercato in particolare? Ti ritrovi nei comportamenti e nelle strategie della tua generazione?

Credo che ci troviamo ancora nel mezzo di quella “recessione culturale” caratterizzata da un improvviso ed enorme interesse commerciale verso il lavoro dei nuovi emergenti. Ma in realtà il capitale è stato quasi tutto allocato per proteggere opere 2d a “alto margine” di guadagno, con il risultato che quei lavori di natura più effimera/performativa o ambiziose e costose installazioni, progetti video etc, a cui siamo abituati da tempo, sembrano essere stati allontanati dai riflettori da un’infinita gamma di pratiche più focalizzate verso la produzione di beni - oggetti “unici” dalle dimensioni intercambiabili realizzati da giovani artisti uomini americani… Spero si superi presto questa situazione e che si investa maggiormente in progetti più audaci che richiedono supporto economico per essere realizzati e meno in lavori legati esclusivamente ad una dimensione di bene o prodotto. Non credo che si possa molto sperare in un cambiamento strutturale del sistema se non lavorando dall’interno e contro di esso, attraverso la creazione di un lavoro che sia davvero progressista.

Perché dagli Stati Uniti ti sei trasferito in Europa? Quali sono le differenze tra i due stili di vita e tra i due sistemi dell'arte?

Mi sono trasferito nel 2006 quando ero ancora uno studente d'arte. Ho scelto di restare in Europa perché mi piaceva di più lo stile di vita, avevo sviluppato un sacco di relazioni nel tempo e perché ci sono sistemi di sostegno per l'arte più efficiente qui in Europa che negli Stati Uniti, oltre al mercato. Il capitale culturale è più distribuito in Europa e questo produce di conseguenza anche situazioni più interessanti, come per esempio questo progetto qui a Bari, o fa si che ci siano piccole città europee come Aachen o Vaduz con istituzioni d'arte contemporanea d’importanza mondiale. Questo tipo di situazione è molto più raro e meno accessibili ai giovani artisti negli Stati Uniti. In particolare, la Germania ha una politica molto aperta verso gli artisti stranieri che vi giungono, finanziando i loro progetti, permettendo loro di andare a scuola gratuitamente. Tutto questo è incredibile se pensiamo per esempio a quanto siano folli i costi delle scuole d'arte negli USA e inversamente a quanto sia esiguo il finanziamento pubblico.

 

Che rapporti hai con l'Italia? Hai altri progetti in cantiere qui?

Ho realizzato diversi progetti qui in Italia negli ultimi anni e ho trascorso un po’ di tempo in questo paese. Non saprei spiegarti la ragione, ma c’è sempre stata una buona interazione con gli italiani. Ho appena concluso la residenza Siliqoon presso il Mambo a Bologna, organizzata da Andrea Magnani e Zoe De Luca insieme agli artisti Timur Siqin e Alessandro Agudio. Abbiamo visitato molti centri di produzione artigianale e con alcuni situati a Firenze ci sarà una collaborazione per la realizzazione di nuove opere. Durante questo periodo è stato molto interessante potersi concentrare esclusivamente sul concetto fisico del "come" piuttosto che del "perché". Parallelamente ero coinvolto in una mostra grandiosa di Simon Denny presso la T293 a Roma.

 

http://www.63rd77thsteps.com/DANIELKELLER.html

http://www.63rd77thsteps.com/DanielKellerMILTONFRIEDMANPUTSAYOUNGMICHAELMOOREINHISPLACE.html

https://soundcloud.com/aids3d/blueocean

 

ph. Rosa Ciano


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