FOCUS SU: FABIO SANTACROCE di ANTONELLA MARINO

Antonella Marino

TESTO

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Barese, trentatreeenne, Fabio Santacroce è tra i più promettenti artisti pugliesi della sua generazione. Pur avendo scelto di vivere a Bari, è riuscito a relazionarsi con diverse realtà internazionali ed è reduce da una serie di esposizioni ad Anversa, Berlino, Londra e Salisburgo. Merito di una ricerca rigorosa d'impianto concettuale ed estetico, che riflette sui nodi critici dell' economia e della società globale: come lui stesso ci racconta...

Sei rientrato da poco da Salisburgo, dove hai presentato un tuo nuovo progetto: ce ne puoi parlare?

Naphthalene” è il titolo del progetto che ho presentato presso Periscope, un project space a Salisburgo che ha selezionato il mio lavoro attraverso un Open Call. Il titolo fa riferimento all’odore tipico dei bazar cinesi che negli ultimi anni sono proliferati nella nostra città e nei quali ho acquistato la maggior parte dei materiali e oggetti che compongono le mie installazioni. Al di là delle implicazioni economico-sociali, è un lavoro che gioca ironicamente con l’appropriazione e l’esasperazione di un immaginario smaccato, global pop, che ne enfatizza il materialismo, l’esotismo, la manifattura sintetica  e quell’obsolescenza a cui l’opera d’arte è in generale destinata. Partendo da una serie di tele stampate con soggetti paesaggistici/naturali, commercializzate in questi negozi come prodotti d’arredo, ho proceduto per stratificazione, sovrapponendo oggetti banali e immagini fotografiche stock legate al customer service (una sorta di interfaccia tra lo spettatore e il sistema controverso di produzione economico e artistico al quale fa riferimento), assemblaggi deliranti ma anche simulazioni di display digitali che rimandano al sistema/organizzazione dei livelli delle applicazioni grafiche come Photoshop.

Come s'inserisce questo lavoro all'interno della tua ricerca artistica?

Questo progetto condensa alcuni punti chiave e interessi ricorrenti nella mia ricerca artistica e un atteggiamento idiosincratico che si da per tracce, rovesciamenti di senso, banalizzazione e tensione visiva, insinuando piuttosto che chiarendo. Viviamo in un’epoca complessa, animati da una sensazione disagevole d’incertezza e delusione costante, che sfida la nostra capacità di comprendere a pieno le situazioni e agire con fiducia. La consapevolezza e la conoscenza prodotte dalla società dell’informazione appaiono più come un effetto collaterale che come un’evoluzione di un sistema che continua cinicamente a preservare abuso e corruzione. Le sue contraddizioni, i suoi paradossi e le “sfacciate” disfunzioni, sembrano aver trovato, nella propria dichiarazione e analisi, una nuova strategia di auto legittimazione, di rinvigorimento. Questa condizione d’informazione accelerata e di diffuso dibattito critico risulta a mio parere più paralizzante che emancipatoria. Il mio lavoro condensa queste riflessioni, restituendole sotto forma d’installazioni altrettanto intricate, poco compiacenti, che oscillano ironicamente tra seduzione e frustrazione, dilettantismo e ricercatezza, realtà e finzione, estetica e riflessione sociale. Display, linguaggio ipertestuale, consumismo visivo, contaminazioni estetiche e distorsione sono alla base della mia ricerca artistica. Mi piace manipolare e ricombinare riferimenti alla cultura alta e bassa, incorporare oggetti domestici, materiali post prodotti, sfumare il confine tra reale e virtuale, innescando un linguaggio, simultaneamente, costruttivo e de-costruttivo che insinua contraddizioni e ambiguità. Guardo agli oggetti della vita quotidiana come indicatori di status sociale ed economico, ne  sconvolgo la funzionalità, la percezione, ridefinisco il loro peso, la materialità e il loro appeal in relazione ad una dimensione di mediocrità, di insoddisfazione, condizioni arrogantemente demonizzate dalla nostra società.

Salisburgo non è l'unica tua partecipazione internazionale recente. Nello stesso periodo sei stato anche a Londra per l' Artists Book Weekend. Ce ne puoi parlare ?

Ho partecipato all’Artists Book Weekend a Londra, su invito di The Mews, un project space nel quartiere Whitechapel. In questa occasione ho presentato CAAAPITAAAL, un lavoro realizzato nel 2012, che fa parte di un progetto più ampio legato al rating system operato dalle agenzie di rating, come Standard & Poor’s. Queste valutano l’affidabilità creditizia di un paese o società attraverso una scala di valutazione alfabetica nella quale i giudizi variano da “AAA” (che indica il massimo grado di solvibilità di una società e dunque la massima sicurezza del capitale investito) alla D che indica invece una situazione di default. Attraverso questi giudizi espressi periodicamente (simili a voti scolastici), le agenzie di rating guidano e determinano gli investimenti finanziari. Negli ultimi anni però, in particolare agli inizi del 2012, in merito al downgrade dei valori attribuiti a diversi paesi dell'Unione europea, Standard & Poor’s è stata accusata di aver manipolato il mercato azionario con dati falsi. I suoi criteri di valutazione hanno destato sospetto e critiche, in quanto, tutti gli investitori azionisti in S&P potrebbero essere gli utilizzatori delle loro stesse valutazioni di solvibilità nell'acquisto di titoli e obbligazioni sul mercato finanziario. Proprio a Trani ha avuto luogo il processo contro Standard & Poor’s Italia, accusata di aver manipolato i dati economici e di aver fornito intenzionalmente ai mercati finanziari un’informazione falsata in merito alla affidabilità creditizia italiana, al fine di disincentivare l'acquisto di titoli del debito pubblico e declassarne il valore.

Qui hai giocato ironicamente sulla Tripla A... 

La Tripla A (AAA) è il giudizio di massima affidabilità creditizia. Indica che un investimento è estremamente sicuro e che vi è un rischio molto basso di default (giudizio “privilegiato” e anelato dalle potenze economiche mondiali). Partendo da questo presupposto, ho scaricato da Internet una versione gratuita del Capitale di Marx e ho triplicato manualmente ogni singola lettera A presente nell’opera, lavorando otto ore al giorno per circa tre mesi. Tale modifica ha determinato un incremento del numero di pagine. Ho stampato questa nuova versione e separato il numero originario delle pagine del documento dalle nuove pagine ottenute attraverso questa modifica, visualizzando il “surplus” generato. In occasione dell’Artists Book Fair, ho deciso di non presentare l’opera fisicamente ma di riversarla in rete, rendendola scaricabile per tutta la durata della manifestazione.

Mi sembra che tu ti stia muovendo bene, sia riuscito ad intercettare un circuito internazionale fresco. Cosa non facile e non scontata per chi ha comunque scelto di non andar via, di rimanere a vivere nella sua città.

Vivo a Bari principalmente perché alla mia famiglia piace essere qui, una città interessante ma con oggettive difficoltà e contraddizioni che da tempo cerco di convertire in occasioni. Non sono un sostenitore del localismo, in questa fase della mia vita sono convinto che non si possa vivere solo di bellezza paesaggistica, buon cibo e clima sereno. Sono condizioni importanti ma serve anche l’azione, il fare, la progettazione, il lavoro e se tutto questo è soggiogato a logiche estenuanti, nepotistiche/familistiche e a distorsioni, mistificazioni varie, il mio punto di vista è esacerbato ma qui la questione sconfinerebbe anche a livello nazionale, con intensità diverse.

Da un punto di vista artistico dipende da cosa vogliamo analizzare, con quale condizione ci si vuole confrontare… regionale, nazionale, europea e che posizione continuare a perpetuare. Le difficoltà le conosciamo bene e, al di là della posizione geografica (da sempre rilevante) e dell’inesistenza di un supporto economico e di sensibilizzazione, credo ci sia anche un problema di poca apertura al confronto e di poca autocritica. L’offerta a mio parere non è poi così “competitiva”, prevale un approccio di tipo edonistico/sentimentalista all’arte e soprattutto, non sono ancora state adottate dai pochi spazi o soggetti che se ne occupano (seppur a tempo pieno) le strategie giuste e le competenze adeguate per creare e stabilizzare curiosità e interesse dall’esterno, qualora questo fosse ritenuto indispensabile. Non esiste un sistema in grado di correggere, sostenere e capitalizzare le risorse presenti e non si può continuare ad alimentare certe retoriche perbenistiche e il vittimismo, senza tener conto che si sceglie di operare in un sistema di produzione sovraffollato, intricato ed elitario, che non è dei più docili.

Il contesto artistico pugliese ha mostrato negli ultimi tempi segnali di vivacità, anche sul fronte giovanile: come ti relazioni con esso?

Le realtà più propositive che operano in Puglia al momento sono, a mio parere, Vessel e Ramdom, due collettivi giovani che riescono a far confluire nella nostra terra input e risorse dall’esterno, creando situazioni di confronto, scambio e interazione su larga scala e questo, per me, è di fondamentale importanza. Sono reduce dalla Masterclass DEFAULT 13, organizzata da Ramdom a Lecce, presso le Manifatture Knos, esperienza proficua di formazione e relazione con artisti stranieri e personalità varie del sistema dell’arte contemporanea. Su un fronte simile si muove Vessel, ma con una programmazione più diluita nel tempo.

Un'ultima domanda d'obbligo: quali sono i tuoi prossimi progetti?

Quest’anno vorrei concentrarmi possibilmente su progetti curatoriali da realizzare qui a Bari e tentare di convalidare la posizione espressa. Oltre alla mia produzione artistica e al lavoro quotidiano, sono alle prese con l’organizzazione di una serie di iniziative nelle quali credo molto e che reputo indispensabili per approfondire tematiche e ricerche estetiche significative del nostro tempo. Ne fornirò maggiori dettagli in seguito.

www.fabiosantacroce.com


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