10.01.2011

Localismo virtuoso, l’esperienza del Teatro Kismet Opera. Piccolo dizionario per la sopravvivenza meridiana

TESTO

IMMAGINI

Posso interpretare così il senso di questa domanda: come si vince una scommessa su un territorio che non ti ha cercato, sempre in ritardo nei tempi e nelle azioni di governo, che non programma il futuro, pensa soluzioni sempre diverse dalle tue e fa del compromesso politico il modello primario delle gestione del bene comune.
Il modo in cui un’iniziativa culturale nasce in una comunità è “nonostante”. Nessuno la riconosce, ma nulla riesce a contrapporsi a questa spinta che obbedisce a una visione, a un desiderio a una follia nei confronti del comune buon senso. Per esempio “quattro desperados” è il termine usato dall’allora Sindaco di Bari, all’inaugurazione dell’Opificio per le Arti del Kismet in strada san Giorgio martire, un luogo senza servizi (acqua potabile, fogna, gas e luce sulla strada). Ma il nonostante è spesso un’intuizione anticipatrice, qualcuno (in questo caso un gruppo di artisti del teatro) interpreta una necessità in evoluzione e agisce immediatamente raccogliendo consenso nel suo procedere.
Questa impresa però si è alimentata delle visioni accumulate negli anni precedenti nei lunghi giri per l’Europa, dove è apparso chiaro che un opificio è oggi un luogo più efficace per la cultura rispetto a un edificio dedicato. Un luogo vuoto da reinterpretare, mutevole e in divenire. Luogo operativo di un pensiero aperto al dialogo e alla molteplicità. È interessante scoprire quanto tardi le arti visive siano giunte a questa consapevolezza.
A questa spinta generatrice deve succedere un pensiero di radicamento, costruire le competenze per dare corpo alle intuizioni di partenza. A cosa rispondono queste qualità?
Provo a spiegarlo con un breve lista di parole in coppie contrapposte.
Scelgo questa forma perché la prima necessità per una impresa culturale in un territorio è sostenere la sua identità tenendo i piedi ben saldi nelle contraddizioni che esso esprime. Vivere le contraddizioni in questo modo può apparire una professione di fede ma, tralasciando la forma religiosa, la professione è questo: agire nella complessità, trovare regole per procedere fra le contraddizioni.
 
Dunque ecco le parole:
VICINO – LONTANO
Il senso di questa coppia è oggi chiaro e riassunto nelle riflessioni che si sviluppano attorno al termine “glocal”, ma cosa vuol dire per un artista? Un accenno è in precedenza legato al moo in cui il Kismet ha costruito la sua visione dell’Opificio per le Arti: girando per i teatri d’Europa. Gianfranco Viesti ascrive alla cultura questo compito: agente patogeno del cambiamento, portatore di conoscenza in una comunità. La differenza con l’informazione e la community virtuale è semplicemente legata alla presenza, alla capacità di sentire e non solo acquisire razionalmente, costruire la professione attraverso l’esperienza e non solo la conoscenza.
Oggi vicino/lontano continua a essere la necessità di mettere insieme le esperienze esterne a quelle interne al territorio, provocare incontri, corto circuiti e accidenti, vedere lontano per andare lontano.
 
CIVILE – CONTEMPORANEO
Civile è la cura delle domande e delle sensibilità ferite della comunità nella quale agisci in termini dialettici e mai consolatori. Civile è la capacità di far incontrare realtà distanti come avviene per esempio al carcere minorile “Fornelli” di Bari dove il Kismet ha aperto una sala teatrale che oggi viene gestita come uno spazio di programmazione. Il segreto della “Sala prove”, questo il nome del teatro è una messa alla prova del pubblico cittadino nella sua capacità di osservare e vivere l’atmosfera di un luogo di detenzione che per l’occasione si comporta da luogo culturale ma che non nasconde il suo essere luogo di pena, e rieducazione ovviamente. Ma come si costruisce questo dialogo? La cultura non può utilizzare modelli già consumati e privi di senso. Il contemporaneo spinge verso la ricerca di soluzioni innovative, anzi è un pensiero che alimenta la necessità di sperimentare e consolidare nuove forme e modo di agire. Mai come in questo tempo le arti della scena e del vedere si avvicinano proprio sul territorio dell’arte pubblica e civile. Dimensioni narrative e concettuali, performative e simboliche si accumulano nella ricerca di un nuovo agire per la comunità. Un teatro deve essere al centro di questi processi e accompagnare il dialogo fra luoghi sensibili e artisti sensibili.
 
COLLETTIVO – IMPRESA
La crescita di una idea avviene nelle forme del dialogo e della contaminazione. La dimensione collettiva sopperisce alle competenze, trova motivazioni e alimenta la passione necessaria alla conduzione dell’impresa. Questa è la storia del Kismet, un’idea condivisa, un agire comune, un tenersi stretti attorno a un desiderio di riuscita. Il seguito deve trovare le forme dell’impresa, saper trasformare il collettivo in organizzazione; alimentare le motivazioni con le competenze, accrescere le capacità di gestione delle complessità e della domanda esterna.
Il ruolo marginale delle competenze è il segno in questo territorio della parcellizzazione delle iniziative, della mancanza di capacità di connettere i saperi. L’assenza di grandi imprese culturali è il frutto della mancanza di entrambe gli elementi. La capacità di gestire contiene anche la capacità di condividere di tenere salda un’idea e soprattutto di poter fare percorsi comuni. La minimizzazione delle imprese culturali trova nella mancanza di regole condivise un altro motivo principale. È difficile in questo territorio fare percorsi comuni salvaguardando identità e integrità di impresa. Questo minimizza le crescita e riduce la portata del lavoro della cultura. Competenze significa anche pensare al futuro, sviluppare una logica strategica ma soprattutto riuscire a crescere senza lasciare da parte i desideri e le idee.
 
DIVERSIFICARE – APPROFONDIRE
Altra esperienza del Kismet in questi anni è che la crescita è garantita da una importante diversificazione delle attività. Il Kismet oggi non è solo produzione e programmazione teatrale ma anche numerosissime altre iniziative di arte cultura e impegno civile così come di gestione di luoghi culturali. Questa capacità rappresenta una delle principali opportunità di crescita per un’impresa culturale su un territorio povero di risorse e coincide non solo con l’adeguarsi alla domanda, ma soprattutto anche intravedere quelle del futuro.
A questa diversificazione deve corrispondere la capacità di essere esperti in ciò che si fa, di perseguire una qualità e un’eccellenza nel proprio lavoro. Per esempio oggi il Kismet continua a essere un modello importante per i progetti di arte civile, per la sua capacità di produrre lavori teatrali per l’infanzia di qualità e distintivi per scuole e famiglie. La produzione trova spazi importanti in Europa. Numerose reti internazionali sia nel settore del teatro che della cultura e del sociale chiedono al Kismet di portare la sua esperienza in convegni, studi, dibattiti.
 
Una parola finale: NECESSARIO
Necessario non è utile, è il sentimento di non poter rinunciare a una condizione. È la capacità di capire il valore di un’esperienza e agire per mantenerla. Il Kismet ha da sempre coltivato l’idea di una necessità di essere nel territorio, in una comunità. Non agire utilmente e portare risultati immediati ma essere parte indispensabile della vita quotidiana.
Agire con necessità vuol dire contrastare l’idea sottesa nella frase “con la cultura non si mangia”, con la contrapposizione populista tra sostegno alla cultura e sostegno alla ricostruzione delle strade o al sussidio alle famiglie. La cultura è proprio ciò che guida la crescita, orienta lo sviluppo, permette di trovare le soluzioni per sopravvivere non oggi, ma domani.
L’esistenza del Kismet è mantenuta non dal suo sogno e del suo essere impresa ma da tutti coloro che credono di non potersene privare, a qualunque costo.


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