INTERVISTA A CRISTIANA COLLU

Antonella Marino

Sarda, poco più che quarantenne, per tredici anni direttrice del Museo Man di Nuoro e docente a contratto di museografia presso l’Università di  Cagliari, Cristiana Collu ha da poco assunto la guida del Mart, il museo di arte contemporanea sorto su progetto di Mario Botta  a Rovereto – Trento, tra le istituzioni più importanti della scena non solo nazionale. Un incarico dunque prestigioso e impegnativo, dopo che la  storica ed autorevole direttrice del Mart  Gabriella Belli è passata alla direzione dei Musei Veneziani.
 Come si è giunti a questa nomina?  Quali sono stati  modalità e criteri di selezione?
 Il Presidente del Mart, Franco Bernabè insieme al cda del museo, a settembre del 2011 ha avviato l’iter di selezione per la direzione avvalendosi della consulenza di un soggetto indipendente, la società Korn/Ferry International, leader mondiale nella ricerca manageriale. Il processo  indicato dalla società americana prevedeva due fasi: una prima selezione tra 55 candidature, ed un successivo colloquio. La scelta finale spettava a un comitato composto da Franco Bernabè, Isabella Bossi Fedrigotti, Vicepresidente, e Salvatore Settis, presidente del Comitato Scientifico. Il presidente del Mart il 3 dicembre ha portato all’attenzione del Cda il risultato della selezione, il quale ha contestualmente formalizzato la nomina.
Dopo tredici anni di brillante conduzione, che hanno inserito nel circuito dell’arte nazionale un piccolo museo “periferico”, lei ha lasciato il Man di Nuoro. Può fare un bilancio di questa esperienza?
È sempre difficile fare bilanci, o almeno per farlo non devo chiamarli in questo modo. L’esperienza del MAN è stata un fatto straordinario, ho vinto un concorso ed ero alla mia prima esperienza, gli amministratori sono stati coraggiosi e lungimiranti, insieme abbiamo potuto costruire una realtà museale che ha trasformato le condizioni sfavorevoli in punti di forza. Un lavoro costante, continuo perseverante da parte di tutte le persone coinvolte in questo progetto.
Rispetto al Man il Mart è una realtà molto più grande. Possiede una ricca collezione, è in relazione con il sistema europeo dell’arte, e ha svolto programmi di notevole richiamo fra moderno al contemporaneo. Ma in tempi di crisi sembra forse necessario ripensare strategie e funzioni, anche se il Trentino, come  regione autonoma, se la passa un po’ meglio del resto d’Italia. Come pensa di affrontare i problemi nuovi? Ha in mente delle linee programmatiche di gestione? Ritiene di dare spazio anche ai più giovani?
I rapporti di scala tra i due musei sono evidenti e macroscopici e ne fanno apparentemente due realtà molto differenti, credo però che ci siano elementi comuni interessanti e cruciali per la gestione di questo tipo di istituzioni che insistono su territori speciali e non metropolitani. Il modello di gestione del Mart mi sembra sia stato vincente fino ad ora, non si tratta tanto di cambiare questo o di guardare ai giovani, si tratta piuttosto di far funzionare il dispositivo museo nella sua complessità e pluralità e di orientarlo alle diverse situazioni, anche contingenti, senza appiattirlo ma al contrario dandogli la possibilità di esprimere le sue potenzialità all’interno di un sistema di cui è un cardine sostanziale.
In questi anni lei ha avuto molte occasioni di rapporto col sistema delI’arte contemporanea in Italia. Quali sono secondo lei i maggiori problemi di politica culturale che investono oggi le istituzioni pubbliche (dal Governo centrale alle Regioni) e la rete dell’iniziativa privata, tra fondazioni e gallerie?
Credo che questa contingenza così avversa al sistema culturale in generale porterà solo buoni frutti e migliorerà le modalità che si sono scelte fino ad oggi e che forse non sono state abbastanza efficaci o forse semplicemente non si sono trasformate in accordo con i tempi. Vedo nuove aperture e la loro intrinseca necessità.
 
 
Lei conosce in parte il contesto artistico barese, perché ha fatto parte del comitato scientifico della prima edizione del premio Lum. Sa dunque che è in corso un progetto per trasformare il Teatro Margherita in Centro d’ arte contemporanea, attraverso la nascita della fondazione Bac. Cosa ne pensa? E quale identità potrebbe darsi una struttura che nasce in area decentrata, e con quali strategie?
 
L’esperienza del premo Lum è stata illuminante, soprattutto per la volontà e determinazione delle persone che riescono a realizzare delle scommesse e a tradurre le aspettative di una comunità e di una città in questo caso. Credo che il BAC sia necessario e Bari se lo meriti, dovrà darsi però la sua specifica e speciale identità, guardandosi intorno certamente, ma infine delineando e declinando un modo personale di esistere in quel territorio, facendosi interprete delle sensibilità locali, leggendo con attenzione la cultura e le attitudini delle persone che vivono questi luoghi.
 
 
Dal mare sardo ai monti trentini è un passaggio di vita radicale: come lo vive sul piano personale e cosa si aspetta da questa nuova, prestigiosa avventura?
 
Ho una predisposizione positiva che coinvolge anche la sfera personale, anzi che con quella ha fatto i conti da subito. Rispetto alle mie aspettative, vorrei essere capace di far funzionare il Mart in modo impeccabile, ma non posso farlo da sola, credo dunque che dovrei essere prima di tutto capace di interpretare e coinvolgere tutti coloro che faranno parte di questa avventura.

torna su

Cristiana Collu è il nuovo direttore del Mart

torna su