ALESSANDRO NASSIRI TABIBZADEH

Antonella Marino

TESTO

IMMAGINI

BIOGRAFIA

La verità non esiste: la grande scritta luminosa - riedizione di un lavoro ideato nel 2005 - campeggiava sulla cupola all'ingresso del Margherita, sospesa in aria da tre enormi palloni colorati gonfiati a elio. Una frase ambigua che aleggiava mutevole nel vuoto, vivacizzando l'austero vigore del cantiere con le sembianze giocose di una protesi pubblicitaria. La dimensione assertiva del messaggio si ribaltava pero qui nel suo contrario: in una provocazione aperta., alternativa di rigurgiti autoritari e neoideologici, che non vuole dare risposte, bensì porre domande. Alessandro, come si colloca quest'opera del tuo percorso e come valuti la riuscita del suo new editing nella location barese?
 
La prima volta che entrai nel teatro Margherita rimasi colpito dai suoi volumi e dall’altezza del suo foyer. La verità non esiste è stata pensata per l’esterno, come una luminaria portatile, sospesa in aria. La cupola del Margherita mi è subito sembrata accogliente per questo progetto, che è stato esposto per la prima vota a Genova, nel 2005, nei giorni precedenti il Natale. Non per mia volontà, ma credo in sintonia con il lavoro, era stato deciso di esporla davanti alla cattedrale della città, in un luogo di grande passaggio nei giorni di shopping natalizio. L’installazione è rimasta qualche giorno e notavo che spesso i passanti commentavano la frase. Fortunatamente non si è innescata quella polemica, con tanto di titoloni sui giornali, che spesso accompagna le installazioni di arte contemporanea che osano porre domande legate a temi religiosi. Pochi giorni dopo, però, su “Il Giornale” un articolo di Baget Bozzo affrontava l’argomento, anche se dando la paternità del progetto a un generico “i no global”. (“Peccati originali di sinistra”, il Giornale, 28/12/2005). L’installazione è provocatoria, una domanda che vuole stimolare una riflessione. La verità è un concetto che ha sempre ossessionato l’uomo. La si continua a cercare da secoli, alcuni l’hanno trovata, altri no, comunque si è manifestata in molte forme diverse, spesso contraddittorie le une con le altre. Per difendere le varie “verità” sono morte tantissime persone e sicuramente si continuerà a difenderla con il sangue. Io nel mio piccolo cerco solo di porre una domanda, non di fare propria una posizione nichilista e tanto meno di dare una risposta. Credo che non si possa stabilire se l’installazione sia riuscita o meno, l’unico mio rammarico è che un noto politico non sia riuscito a vederla, bloccato nei pressi da un gruppo di persone che manifestava la propria verità, in forte contrasto con quella del personaggio in questione.
 
Il contesto esterno, con attenzione allo spazio urbano o ad ambienti collettivi, è del resto parte integrante del tuo lavoro, che riflette sulle dinamiche della comunicazione e sugli stereotipi sociali, sollecitando spesso nel pubblico curiosità e impegno partecipativo. Una strategia relazionale fu messa in atto ad esempio in PERMESSO DI SOGGIORNO del 2003, dove la difficoltà per gli artisti stranieri di ottenere un visto è affrontata portando provocatoriamente il divano di casa per strada e invitando i passanti a condividere azioni conviviali. In un video del 2006, dopo una giornata trascorsa a raccogliere un serioso elenco di motivi per cui manifestare, facesti sfilare per le vie di Mahattan un gruppo di partecipanti che indossavano magliette con la scritta COMING SOON, creando ambiguità tra luoghi e icone pubblicitarie. Il cielo di New York - dove hai frequentato il programma di residenza internazionale LOCATIONONE come vincitore del premio ARTEGIOVANE MILANO nel 2006 – è stato inoltre il soggetto di un ciclo di foto in cui, come in un gioco di bambini, le nuvole prendono forma di figure e personaggi mediatici. Mentre tra le proposte recenti particolarmente complessa è stata l'operazione TR4480C, presentata al MART di Rovereto nel 2008 per la mostra “EURASIA” a cura di Achille Bonito Oliva: essa consisteva nella videodocumentazione di uno scalcagnato viaggio da Tirana a Piacenza a bordo di una vecchia GOLF WOLKSWAGEN acquistata in Albania. Un’avventura che si conclude con la rottamazione dell'auto in tre blocchi e che pone in rilievo la contraddittorietà del rapporto con le merci di scarto nella società globale. Quale pensi che possa o debba essere la funzione dell'arte nel contesto attuale?
 
L’arte è sempre l’espressione del proprio momento storico. Gli artisti sono persone “normali” che raccontano il proprio tempo. In Italia lo spazio per l’arte contemporanea è relegato a spazi dedicati. Quello che tu chiami “contesto esterno” per me è il mondo nelle sue sfaccettature. Esterno per me è sinonimo di maggior visibilità, significa riuscire a contattare più persone di quelle che si riescono ad avvicinare normalmente con le mostre nei musei, nelle gallerie. Questi spazi sono ovviamente importantissimi e insostituibili, però a me piacerebbe far uscire più spesso l’arte dai confini che si è data. Sono molto invidioso di realtà in cui gli artisti riescono ad avere spazi importanti, in cui gli amministratori pubblici si rendono conto di quanto possa essere utile la ricerca artistica, sia da un punto di vista intellettuale sia da quello economico. Da noi non è così facile, ed è per questo che nel mio piccolo, cerco sempre di non perdere occasione per liberare i miei progetti in esterno, per condividerli con un pubblico più ampio possibile. Ogni tanto penso che la ricerca di contatto con il pubblico sia una mia ossessione, non mi basta la figura dell’artista che si occupa di forme estetiche portatrici di un valore economico. Spesso credo che gli artisti debbano occuparsi meno di oggetti e iniziare a fare più rivoluzioni.
 
Tu sei portatore di un'identità molteplice. Sei nato a Milano da padre iraniano ebreo e da madre italiana. Hai parenti sparsi in Europa e in America e ti senti italiano e "scettico", se non proprio ateo. Come intervengono queste influenze ibride nel tuo fare artistico e quale importanza assume al suo interno il rapporto con la religione e la società?
 
La mia storia personale ovviamente è alla base del mio pensiero e dei miei progetti, come lo è per tutti. Se dovessi riassumere la mia condizione potrei farlo con la figura dello straniero, senza vittimismo o rivendicazione di superiorità. In Italia mi chiedono spesso da dove vengo, mentre all’estero mi chiedono dell’Italia, paese in cui sono nato. Il cognome ha un identità, come l’accento che abbiamo: racconta molto di noi, ma può anche essere fuorviante. Le origini sono importanti, gli uomini però non hanno radici, bensì piedi, si muovono, decidono di lasciare alcuni luoghi e raggiungerne altri. Quando parliamo di immigrazione, ci sembra di affrontare un argomento nuovo, degli ultimi anni, invece si sta parlando della storia dell’umanità. La religione mi affascina tantissimo dal punto di vista culturale, credo che il problema della fede sia molto personale, ognuno di noi ha la sua verità a riguardo. A me interessa di più occuparmi del fenomeno dal punto di vista antropologico. I testi sacri sono un pozzo di ispirazione, oltre a essere un enorme progetto artistico sviluppato nel corso di secoli. Vivere nella condizione di “straniero” mi ha sicuramente portato a riflettere su alcune questioni e riportarle poi nella mia ricerca. La politica, poi, indipendentemente da etnia, religione o credo politico, credo sia il centro del nostro vivere. Politica non tanto in rapporto agli specifici partiti, ma come governo della polis e amministrazione del pubblico.Se è vero quello che dice Aristotele, cioè che “l’uomo è per natura un animale politico”, l’artista non può essere tanto diverso.
 


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