Nicola Pecoraro

Francesco Stocchi

TESTO

IMMAGINI

BIOGRAFIA

Il primo aspetto che mi ha colpito quando ho visto i tuoi lavori più recenti è che rispetto ai primi, di natura più grafica, hai ridotto di molto la rappresentazione. Mi potresti spiegare il processo che ha portato a questo cambiamento?
 
Il problema è che avevo troppe opzioni. Ho iniziato a impormi limiti sempre più stretti sia nella pittura che nel disegno, ho deciso di provare a creare dei sistemi su cui avevo un controllo limitato. Ora stabilisco una serie di regole di partenza dopodiché, da un certo punto in poi, il lavoro si cristallizza da sè. Mi piace l’idea di qualcosa che si forma per accumulazione o sedimentazione, come un minerale. Questo è uno dei motivi per cui uso sempre materiali sintetici: hanno un modo di mangiarsi/incorporarsi tra di loro che m’interessa molto, ha molto poco di umano. Le scelte che faccio in materia di rappresentazione appartengono a determinate idee, influenze, etc. Un certo tipo di suggestione visiva, una rivelazione a livello micro/macroscopico (e quindi cosmico), l’immagine estatica, idee che mi interessano molto e che ad un tratto hanno preso il sopravvento.
 
All’origine della tua ricerca c'è un'aspirazione al "sublime"?
 
Il sublime, se così si può chiamare, è un punto di partenza. Poi sviluppo il lavoro dal punto di vista concettuale o di composizione, oppure si completa in maniera più casuale, anche grazie agli incidenti di percorso che sono tanti. Per esempio, ieri ho mostrato uno slideshow di foto con una colonna sonora. L’effetto era estatico, un pò new age. Quando l’ho visto proiettato, ho pensato che poteva stare bene in uno yoga center o qualcosa del genere e devo dire che non mi è dispiaciuto affatto: si rischia sempre di entrare nel kitsch, quindi tanto meglio essere pronti. Un’idea che in testa ti sembra grandiosa, quando la realizzi con i mezzi che hai ti mostra i suoi limiti reali e anche i suoi lati per così dire umoristici. Dunque ciò che parte da una spinta poetica e lirica, a metà strada può diventare qualcosa di un po’ pacchiano come le foto dei tramonti (una cosa che faccio di continuo).
 
É interessante quest'idea del kitsch o più in generale di fallimento, lo stridore tra ciò che uno ha in mente (un'immagine, una melodia) e quello che poi ne risulta, che magari è banale...
 
A quel punto ci sono due vie: o si scarta, oppure si mostra il fallimento sotto forma di decadenza, che poi è proprio la mia idea di kitsch. Il mio interesse verso questo genere di estetica è genuino, nel senso che mi piace investigare le reazioni provocate da questa o quell’immagine.
 
Che genere di "immagine", per esempio?
 
Quei quadri che fanno per strada con lo spray, quelli con i lupi e le galassie e le montagne, hanno molta più risonanza a livello mentale di altre immagini più “alte”. Stesso dicasi per il surrealismo più “pedestre” delle copertine dei fumetti e dei libri di fantascienza.
 
Insomma prediligi quando la cultura viene dal basso, dallo stomaco...ma usandola in questo modo non si finisce per osservarla e non viverla? Il filtro dello sguardo critico spesso ci inibisce da un approccio più "libero", senza sovrastrutture..
 
Sono esattamente d’accordo. Comunque non so quanto traspaiano dai miei lavori queste influenze specifiche di cui abbiamo parlato, anche perché parlarne in questo contesto credo implichi una presa di distanza forzata. Ma purtroppo o per fortuna, riesco a lavorare solo in un modo: partendo dall’esaltazione di un immagine.
 
Dicevi prima che gli incidenti di percorso sono tanti: dunque lasci che il caso intervenga a piede libero? T'interessa l'infinità di possibili varianti in sè, come visione cosmica della creazione, o pensi che poi il caso trovi naturalmente un'armonia, così come fa la natura?
 
Sicuramente tutto ciò che lascio al suo corso mi risulta più armonico e giustificato rispetto a quando continuo a metterci mano. Allo stesso tempo, molte cose sono create dall’uomo in una situazione di ordine, e quando vengono lasciate a se stesse e quindi restituite al mondo naturale, il caos prende il sopravvento.
 


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