18.05.2013 GIULIA CAIRA, EVIL SISTERS MURATCENTOVENTIDUE BARI

TESTO

IMMAGINI

Muratcentoventidue Artecontemporanea

Giulia Caira

Evil Sisters

a cura di Francesca Referza

La galleria Muratcentoventidue Artecontemporanea prosegue il suo programma espositivo con

Evil Sisters, la mostra personale di Giulia Caira, a cura di Francesca Referza.

Conosco personalmente Giulia Caira (Cosenza, 1970) da diversi anni, nel corso dei quali ho seguito l’evoluzione del suo lavoro con discrezione. L’artista, torinese d’adozione, utilizza soprattutto fotografia e video e, in venti anni di carriera, ha modificato il proprio linguaggio con la maturità acquisita nel tempo, senza tuttavia tradire l’autenticità del messaggio originario. Inizialmente la Caira è ricorsa al proprio corpo ambientandolo in luoghi fisici e psicologici, in cui l’aspetto autobiografico ed autoironico veniva attutito per via di un approccio fortemente caricaturale. L’immagine fotografica risultava particolarmente accattivante per via di colori vitali e di una sensualità intuita piuttosto che esibita. I soggetti di quei primi lavori, attraverso un sé spesso riprodotto su superfici riflettenti, interpretavano tanto gioiosamente quanto malinconicamente stereotipi femminili tra i più comuni.

Nel saggio scritto sulla serie Speculum della Caira del ’99, Achille Bonito Oliva scriveva: - L'arte di Giulia è, in breve, l'installazione dello specchio. […] La performance ha come contesto il teatro domestico e gli oggetti di scena sono i materiali appartenenti alla vita quotidiana della casalinga: la pellicola trasparente, il foglio di stagnola, le borse della spazzatura e gli occhiali deformanti. – In una recente intervista di Maja Pacifico pubblicata su Andy Magazine, Giulia Caira ha dichiarato: - La mia casa era lo scenario ideale per elaborare tale processo ed anche un modo per affrontarlo in assoluta solitudine. Un percorso che considero concluso nel 2004 con il video Se stasera sono qui, anno in cui mi sono spostata a lavorare in un vero studio ed è stata l’occasione per ripensare tutto, cercando strade nuove. Non volendo assumere il cliché dell'artista sempre munita di carta stagnola e domopack, ho cercato le stesse tensioni altrove, rinnovando il senso del mio lavoro con l’introduzione di storie e luoghi dal mondo esterno.

In effetti la Caira, con le serie Domani felicità (2006), Virago (work in progress dal 2008) e Terapia familiare (2009) sembra aver acquisito una nuova consapevolezza, passando dalla messa in scena delle conseguenze di una certa identità al femminile, alla più complessa analisi delle cause. Ne Le parole nascoste (2009), lavoro con il quale l’artista ha vinto il premio della tedesca Foundation Vaf nel 2012 (selezione 2011), Giulia Caira, con una incredibile dose di trasformazione fisica, grazie a trucco ed abbigliamento e ad un’ottima capacità interpretativa, ha affrontato la dicotomia tra l’essere e l’apparire messa in discussione a partire dal classico tavolo di lavoro di forma ovale, topos della mistificazione per eccellenza. Dunque è l’identità a 360 gradi al centro della ricerca dell’artista, la sua complessità e fragilità alla prova dell’io soggettivo e di quello collettivo. Nelle diverse interpretazioni di Virago (termine con cui si definisce una donna che, per aspetto fisico e modo di pensare, ha caratteristiche più vicine al modello maschile che a quello femminile), la Caira si è concentrata sull’analisi di una certa identità femminile. In quest’ultimo progetto tornano quelle caratteristiche caricaturali dei primi lavori dell’artista, che tuttavia da fotografici sono diventati quasi cinematografici. Il mio lavoro – afferma l’artista - nasce dall'osservazione della condizione umana, esaminando storie provenienti da cronaca, letteratura, cinema, musica. Sono interessata alle distorsioni della natura umana, quelle che esprimono le contraddizioni del nostro tempo. In un certo senso ho delle visioni e cerco di metterle in scena.

Nei progetti più recenti di Giulia Caira è possibile intravedere in nuce il tema oggetto del nuovo video Evil Sisters (Perfide sorelle), il cui titolo riprende quello di un saggio del ’96 dell’americano Bram Dijkstra, in cui l’autore analizza le motivazioni dell’affermazione, tra Ottocento e Novecento dell’immagine, nell’arte e nella letteratura, di una donna vampiro, peccaminosa e sessualmente pericolosa, in antitesi a quella rassicurante della donna madre. Evil Sisters - spiega l’artista - è una doppia video-installazione e una serie fotografica. Una visione poetica, costituita da brevi segmenti di una storia su alcuni aspetti tipici delle relazioni tra donne: l'amicizia e la complicità, da una parte, l'invidia, la rivalità e il conflitto dall’altra. Un focus sulle problematiche di genere con la speranza di stimolare una riflessione in chiave autocritica sulla questione femminile. Girato in una storica sala da ballo, il Dancing Lutrario di via Stradella (ora Le Roi), che ancora conserva gli splendidi arredi originali ideati dall’architetto Carlo Mollino nel ‘59, il video di Giulia Caira prende spunto da un fatto di cronaca nera avvenuto nel settembre 2006 nella stessa via: l'uccisione di una ragazza di 19 anni al quarto mese di gravidanza, trovata morta, nel suo appartamento, con otto colpi di ferro da stiro e sette coltellate alla gola. Per quell'omicidio l'unica responsabile è stata ritenuta la migliore amica della ragazza assassinata. Il Colpita da questo episodio di cronaca, Giulia Caira ha iniziato a riflettere sulla poco studiata questione della rivalità tra donne, attraverso letture molto eterogenee, dal più ampio saggio storiografico di Dijkstra al più specifico testo di carattere psicologico di Renata Puleo, dal titolo Donne, potere e conflitto fra donne. Giulia Caira infatti, dopo aver riflettuto sulla diffusione di un’immagine della donna amante tanto negativa come quella che è stata veicolata da letteratura ed arte tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, si chiede, sulla scorta delle riflessioni della Puleo, quali siano state le effettive conquiste del più recente femminismo, se la rivalità tra donne continua ad essere un tabù tra i più resistenti della società contemporanea. 


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