63RD-77TH STEPS: CONVERSAZIONE CON RENAUD JEREZ

Antonella Marino

TESTO

IMMAGINI

"BLOOD". Richiama un'estetica pop e tecno-horror l'intervento di Renaud Jerez per il terzo appuntamento di "63rd-77th STEPS - Art Project Staircase", accompagnato da un doppio contributo critico di Attilia Fattori Franchini (è consultabile in rete all'indirizzo www.63rd77thsteps.com).

Per le scale del condominio barese, un’installazione video e alcuni pezzi a parete realizzati per l’occasione (dove il sangue ricorre ironicamente in svariate declinazioni) convergono a suggerire un clima di contaminata e splatter quotidianità. Sulla maglietta bianco/rossa della squadra di calcio del Bari sono cucite otto dita mozzate e sanguinanti di gomma che fanno il verso al logo della multinazionale Adidas e alludono all'eccessivo uso del tatto nella tecnologia touch screen. Al centro, un tablet sorretto da un braccio regolabile di plastica connette le pulsazioni di un cuore alla gestualità cifrata e alla simbologia dei The Bloodz, una delle più note bande di strada criminali anni Settanta di Los Angeles, caratterizzata dall'utilizzo frequente del colore rosso nel suo abbigliamento, dalla lettera B formata con le dita e la parola "blood" quale simbolo di riconoscimento e dai legami con la musica rap. Più in là, sulle pareti, stampe digitali con grafiche "sporche" e creature mostruose realizzate con software 3D fanno da sfondo a macchie ematiche, graffi, impronte e croccanti baguette sfornate in loco.

L'artista francese (nato a Narbonne nel 1982 e residente a Berlino) riproduce con sottile ironia uno scenario teso, problematico, collegato ai sobborghi delle città post-moderne, assemblando efficacemente frammenti iconici prelevati da un immaginario giovanile, “rapper-gangster” insieme a spunti tratti dalla realtà locale. Tra scampoli mediatici del proprio presente e riferimenti velati ai linguaggi artistici d'avanguardia, restituisce una lettura volutamente disarmonica delle loro criticità e contraddizioni, come lui stesso ci racconta.

Un'estetica giovanile "sporca", che rimanda ad un immaginario pop - horror - gangster, connota il tuo intervento a Bari. Com'è nato il progetto e come ti sei relazionato, sia pure a distanza, con la location espositiva e la città?

Questo progetto parte da un'osservazione e da una riflessione sul colore rosso scaturita proprio dal colore della vernice presente sulla scala. Anche la t- shirt della squadra di calcio del Bari è bianca e rossa e si adatta perfettamente ai colori di questo insolito spazio espositivo che per me risuona come un ipad. Anch’io sono cresciuto in una città del sud, nella Francia meridionale sulla costa  mediterranea, lungo i Pirenei, tra i Progetti SonaCotra per immigrati Maghrebini, hippies, giocatori di rugby, zingari, turismo e  produzione di vino di massa. Questioni di comunità.

Tu lavori assemblando frammenti iconici tratti da ambiti diversi, creando associazioni inedite, spesso disarmoniche, sicuramente ironiche, su temi e aspetti della società globale. Qual'è il filo conduttore della tua ricerca? Ritieni abbia una valenza critica e/o politica?

Il mio è chiaramente un lavoro critico. Parlerei però di una critica giocosa, di come le associazioni create all'interno delle mie opere cercano di reindirizzare lo spettatore e di coinvolgerlo come agente attivo.

Carceri collegati alle pubblicità, la maglietta di una squadra di calcio, dita tagliate in stile “horror/Halloween ", il rendering di gocce di sangue e baguettes stile francese riproducono una scena urbana contemporanea, contaminata con il gioco di morte della prigione assieme all’iconografia gangster e alla radiografia del battito cardiaco. La mia arte assomiglia ad un gangster drogato; è come un neuro chirurgo dopo esperimenti psichici carcerari. Definire delle posizioni critiche in maniera testuale è noioso: io faccio arte per assumere una posizione critica sensibile che resiste alle parole.

Dal punto di vista linguistico, come per altri artisti della tua generazione, non hai preclusioni nel servirti di tecniche, materiali e stili differenti. Un'attenzione specifica sembra rivolta anche alla pittura e alla scultura: c'è nelle tue opere la revisione di una certa tradizione modernista? Quale valenza assumono concetti come contaminazione ed eclettismo?

Per me è fondamentale l'esperienza fisica e spaziale di un oggetto d'arte. Nei miei lavori cerco di trasferire una visione ottimistica e moderna. La società sta volgendo al termine ma allo stesso tempo credo stia crescendo nella giusta direzione, il che è un interessante paradosso.

Come ti poni di fronte alle nuove tecnologie?

Le nuove tecnologie sono solo strumenti per creare qualcosa di significativo. Non rappresentano dei soggetti per me. Non confrontarsi con esse sarebbe gretto e pretenzioso.

Dalla Francia ti sei trasferito a Berlino: quali stimoli offre questa città per il tuo lavoro?

Mi piace essere in Francia, ma preferisco vivere a Berlino. E' una città tranquilla. Parigi, Londra o New York sono troppo affollate e rumorose. Distraggono e sono faticose. Berlino invece mi permette di avere una posizione di osservatore.

Che relazione hai con il sistema dell'arte e col mercato?

Il mercato dell'arte ha delle modalità di funzionamento usuali e prevedibili ma è fondamentale per poter condurre un’attività artistica professionale. Personalmente non riesco a individuare e a definire un unico sistema nell'Arte; ci sono tante persone che lavorano in direzioni molto diverse, senza nemmeno incrociarsi.

Ci puoi anticipare i tuoi prossimi progetti?

Nei prossimi mesi sarò alle prese con tre progetti importanti: una mostra personale presso Marbirers 4 a Ginevra, che apre il 28 marzo; un' altra personale presso Autocenter a Berlino, il 25 aprile e  una collettiva da Carlos/Ishikawa a Londra, il 1° maggio...

 

 

http://www.63rd77thsteps.com/RenaudJerezBLOOD.html


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