GIOVANI CURATORI CRESCONO: LUIGI FASSI.

Alessandra Lozito

TESTO

IMMAGINI

Mai come oggi l’arte vive di passaggi, contaminazioni, fusioni e mutazioni. Da ogni punto di vista. Materiale, geografico, relazionale, esperienziale. E i protagonisti di questo sistema, non possono sottrarsi al ritmo vorticoso di questa giostra e dunque cavalcare tale tendenza. Abbiamo deciso di intercettare l’esperienza di uno degli addetti ai lavori del mondo dell’arte di oggi: Luigi Fassi. Giovane, torinese, laureato in filosofia, nel 2006 curatore ospite del Nordic Institute for Contemporary Art a Helsinki, poi atterrato a New York come Helena Rubinstein Curatorial Fellow presso il Whitney Museum. Numerose le sue esperienze internazionali come curatore: “Artscape: Italy”, Galeri Vartaj, Vilnius, Lituania, 2010, “Theoretical Practice”, ISCP, New York, US  (2009); “Archeology of Mind”, Malmö Konstmuseum, Svezia (2008), “Baltic Mythologies”, Prague Biennale 3, Praga, Repubblica Ceca (2007). Scrive per Mousse, Artforum, Klat e Site ed è autore del volume Clement Greenberg. L’avventura del modernismo (Johan& Levi, 2011) e co-autore di Time Out of Joint: Recall and Evocation in Recent Art (Yale University Press, 2009). Dal 2009 al 2012 direttore del ar/ge kunst Galerie Museum di Bolzano. Oggi dirige la sezione arti visive di un importante festival culturale austriaco. Noi gli vogliamo bene e lo seguiamo con occhio di riguardo per il suo impegno curatoriale nella mostra “L’uomo senza qualità” (aprile/luglio 2011) allestita a Bari negli spazi del Teatro Margherita in collaborazione con il museo di arte moderna di Malmo. Ci ricordiamo bene del suo aplomb silenzioso, del suo gusto in-perfetto-stile-nord-europa, del suo meraviglioso allestimento per l’esposizione barese dove il vecchio teatro sul mare, ex cinematografo del Dopoguerra, si è rianimato con i venti video firmati da alcuni tra i migliori videoartisti del momento. Nostalgia antica del luogo mista alla contemporaneità del linguaggio espressivo: un’atmosfera incredibilmente suggestiva.

Seguiamo, adesso, i suoi ultimissimi passi da Bolzano a Graz e chiediamo a Luigi Fassi in cosa consiste il suo fresco incarico austriaco.

 

Come vivi questo momento di passaggio da Bolzano a Graz? In che modo cambieranno le tue responsabilità e il tuo impegno? Di che ti occuperai precisamente?

Dopo più di tre anni alla direzione dell’ar/ge kunst di Bolzano ho deciso di spostarmi allo Steirischer Herbst, accettando la proposta che mi è giunta da Graz. Lo Sterischer Herbst è il più antico festival di arte e teatro austriaco, la cui fondazione risale agli anni Sessanta ed è da oggi un propulsore per tutta la scena artistica della città e della regione della Stiria, senza contare che Graz è vicina a Vienna e molto del pubblico del festival proviene dalla capitale. Da settembre a ottobre il festival occupa completamente la città, cambiando di anno in anno le sedi e i luoghi e reinventandosi costantemente. Il mio ruolo è di curatore del settore arti visive e prevede di progettare il programma di arte contemporanea del Festival a partire dalla prossima edizione che inaugurerà a settembre del 2013.

Qual è stata l’esperienza lavorativa che più ha segnato il passo, la svolta, nella tua carriera?

In generale sin’ora è stato fondamentale  muoversi costantemente, seguire il filo di diverse esperienze e cambiare geografie di residenza. Se dovessi citare l’esperienza più significativa direi forse l’anno di fellowship curatoriale presso il Whitney ISP di New York. Per un europeo stare a New York costituisce un arricchimento straordinario.

E invece, cosa hai apprezzato dell’esperienza lavorativa barese a proposito della mostra di video arte “L’Uomo senza Qualità” da te curata nel Teatro Margherita?

È una mostra a cui ho tenuto tantissimo, perché era la tappa finale di un progetto iniziato nel 2008 con la Fondazione Morra Greco. Dopo aver portato la collezione della Fondazione in due musei, rispettivamente a Malmo in Svezia e a Vaasa in Finlandia, l’idea era di presentare una scelta della collezione di videoarte del museo di Malmo in Italia. Quando mi è stato proposto di farlo a Bari ho accettato subito, l’idea del Teatro Margherita mi è sembrata magnifica. È stato bello scoprire il teatro da vicino e la città di Bari con il suo pubblico e i suoi fermenti.

Oggi i tempi di realizzazione del progetto BAC Bari Arte Contemporanea rischiano di allungarsi ancora, a causa di ataviche incomprensioni tra l’istituzione regionale e quella comunale. Il primo progetto che -dopo anni di buio, o, comunque, di saltuari eventi culturali fini a loro stessi- ha l’ambizione di agire sul tessuto sociale in cui verrebbe a istituirsi, costituendosi come casa per produzione, creazione ed esposizione artistica, sta incontrando da tempo una flotta agguerrita di ostacoli. Che idea ti sei fatto a riguardo? Che osservazioni –da addetto ai lavori- solleveresti?

Credo sarebbe decisivo riuscire a svincolarsi dalla politica e dalle sue articolazioni vetuste coinvolgendo dei privati. La mia impressione è in ogni caso che il BAC debba costituirsi come istituzione leggera, low-cost, senza ambizioni eccessive in termini di spazi e metri quadri. Si può fare un’ottima istituzione di arte contemporanea - anche con ambizioni di produzione e creazione - con meno di quanto si creda e alcuni esempi in Italia ci sono. Guarderei poi soprattutto ai modelli del mondo tedesco, ai kunstverein e alle kunsthalle, alla loro logica territorialmente inclusiva, dove conta il sostegno dei privati, degli imprenditori, dei collezionisti e degli appassionati.

Se ti incaricassero di curare un nuovo progetto con lo scopo di rilanciare l’arte contemporanea in Puglia e riattivare così i flussi di collezionisti e galleristi, cosa ti inventeresti? Quali idee, proposte lanceresti? E su cosa punteresti?

Innanzitutto cercherei di capire a fondo le aspettative del pubblico locale, provando al tempo stesso a sollecitare nuove esigenze: è fondamentale che un’istituzione contribuisca a creare immaginari e desideri prima sconosciuti, proponendo delle sfide e delle ambizioni, senza voler compiacere nessuno. Sicuramente penserei anch’io di attivare una logica non di rigidità museale ma piuttosto di produzione diretta, di residenze per artisti e di attività continue, quasi un campus. Da quello che ho visto durante la mia permanenza in città, credo che Bari risponderebbe in modo molto vivace ed entusiasta.

Qual è il ricordo più forte (immagine, suono, profumo...) che conservi di Bari e dei giorni trascorsi in Puglia?

La città vecchia, con i suoi vicoli pittoreschi e al tempo stesso vivi e autentici. Non pensavo fosse così ordinata e ben tenuta! Poi la presenza del mare e la sensazione di un centro città vivace, europeo e sofisticato. In una parola mi è rimasta l’immagine di una vera metropoli sul Mediterraneo e spero proprio che tutte le sue potenzialità trovino presto piena espressione.


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