UN RICORDO DI PAOLO ROSA DI ANTONELLA MARINO

di Antonella Marino

TESTO

IMMAGINI

L’ultima grande video ambientazione di Studio Azzurro è ancora in mostra alla Biennale di Venezia, nel neonato Padiglione della Santa Sede. La traccia suggerita della Creazione è qui interpretata liberamente, in chiave corale e universale, accogliendo la sofferenza dell’ intera umanità: ad attivare il racconto per immagini, che di snoda nel buio alle pareti, sono infatti figure di sordomuti e carcerati animati dal tocco del visitatore.

 L’interattività  come  capacità  di coinvolgere fisicamente ed emotivamente, la capacità di conferire intensità poetica a dispositivi tecnologici complessi e una multimedialità vissuta con proficui sconfinamenti tra arti visive, teatro, cinema,  sono le qualità principali delle installazioni elettroniche del celebre collettivo milanese. Si fa allora davvero fatica a pensare che questa pionieristica esperienza, avviata nel lontano 1982, possa interrompersi ora che Paolo Rosa, anima e teorico del gruppo, non c’è più. Se ne è andato improvvisamente a 64 anni portati con arguzia per un infarto durante una vacanza a  Corfu’, in quello scenario mediterraneo che era stato uno dei temi appassionati della sua ricerca.

In Grecia Paolo era arrivato pochi giorni fa, reduce da una sosta a Rimini,  sua città natale,  dopo un passaggio i primi di agosto a Polignano a Mare per un workshop  alla Fondazione Pascali. Il suo legame con la Puglia del resto era di vecchia data. Risale al 1986, con la partecipazione alla rassegna di video arte “Artronica” curata da Anna D’Elia nel complesso di Santa Scolastica a Bari, dove Studio Azzurro presento’ una delle prime video-sincronizzazioni su più schermi. Nel ‘96 invece, quando ormai aveva messo a punto i meraviglianti “ambienti sensibili” interattivi, per  la mostra “Virtual light” da me curata insieme a Gabriele Perretta e Aurelio Cianciotta sempre a Bari, a Palazzo Fizzarotti fu esposto uno dei nuovi “tavoli” interattivi, quasi magici. Ricordo ancora lo stupore del pubblico nel vedere le figure proiettate muoversi e compiere azioni al loro semplice gesto di toccare!

L’ abilita’ comunicativa tradotta anche in varie pubblicazioni (ultima, per Feltrinelli, “L’arte fuori di sé”, scritto con Andrea Balzola);  la disponibilita’ all’ascolto con atteggiamento umile ma competente;  l’attitudine al dialogo, erano del resto tra le doti riconosciute di Paolo Rosa, testimoniate anche dal suo attivismo didattico a Brera, dove era preside del nuovo “Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate” .

In un momento in cui era vivo non solo in Italia il dibattito sulle potenzialità creative delle nuove tecnologie, il contributo di Paolo Rosa e dei suoi  compagni d’avventura, Fabio Cirifino, Leonardo Sangiorgi e Stefano Roveda, era semplice ma rivoluzionario: sgombrare il campo ai tecnicismi, alle esibizioni spettacolari di apparati Hollywood style, servendosi di mezzi in realtà moto sofisticati per suggerire visioni e riflessioni.

 Per queste ragioni e per i temi meridiani al centro dei suoi studi, nel 2005 a Studio Azzurro fu conferito il Premio Pascali ( e una loro opera, “Frammenti di Battaglia”, fu acquisita per la collezione permanente del Museo). In quell’occasione, in un’ intervista a me rilasciata su Repubblica,  Paolo ci tenne a sottolineare: “il rapporto col pubblico è molto importante in tutto il nostro lavoro, è un aspetto centrale, che coinvolge anche la questione del ruolo dell' artista. Siamo convinti che di fronte alle emergenze della nostra epoca anche l' arte debba essere un impegno etico, prendere coscienza di avere un ruolo attivo nelle problematiche della società. E’ necessario uscire da una dimensione autoreferenziale, laboratoriale, che oggi non ha ragion d' essere. Anche il nostro interesse per la tecnologia non è fine a se stesso, ma nasce dalla necessità di sperimentare dall' interno le conseguenze che essa produce nell' immaginario comune, indagare la nuova condizione antropologica che essa genera.

Pur con qualche indulgenza estetica, per Paolo Rosa e Studio Azzurro l’arte era vissuta dunque come missione etica, impegno sociale. Da questo punto di vista va letta anche l’attenzione per il Mediterraneo, compendiata nel 2002 nella mostra "Meditazioni mediterranee" a Castel Sant' Elmo di Napoli,  passata poi a Marsiglia e Tokyo. Un' indagine poetica più che antropologica, sostenuta pero’  dalla coscienza che “politicamente il tema è indispensabile, visto come si è trasformato questo mare, divenuto solo un drammatico confine. Il Mediterraneo è stato grande quando era un catino in cui le differenze venivano comparate facendole diventare un valore. L' Europa dovrebbe tenerne conto, abbandonando un' ottica nordcentrica. Il Mediterraneo va recuperato non come un passato, ma come un divenire”.

Di progetti in cantiere Paolo Rosa comunque ne aveva tanti, anche in Puglia (pare gli fosse stato affidato il compito di approntare una saletta virtuale su Pascali, per la Fondazione), ma di ampio respiro soprattutto all’estero. Di certo la sua perdita sarà incolmabile per una cultura italiana che forse non l’ha sostenuto come doveva, e non è il solito commento di circostanza.  Ma a mancare ai tanti amici, me compresa, oltre al prezioso e indiscutibile  talento,  sarà soprattutto il suo sguardo mite, la sua rara dolcezza, l’attenta e intelligente  umanità.


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