08.03.2011

Chiudono il Giardino segreto e Trailer park. "Apre" il Bac

Alessandra Lozito

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Si è conclusa domenica 6 marzo la mostra Trailer Park negli spazi del Teatro Margherita di Bari; mentre il 27 febbraio scorso è terminata l’esposizione Il giardino segreto. Opere d’arte dell’ultimo cinquantennio nelle collezioni private baresi (a cura di Lia De Venere), tenutasi presso le sale dell’ex Monastero di Santa Scolastica a Bari. Due eventi significativi che testimoniano il delicato momento (forse decisivo) che l’arte contemporanea sta attraversando nel capoluogo pugliese. La coscienza collettiva inizia a dotarsi di una rinnovata sensibilità a questi temi (e il numero di contatti che hanno visitato Trailer Park ne sono un esempio indicativo: quasi 50mila ingressi in soli tre mesi). La gente ha sete di esperienze culturali di sapore internazionale, di arte che navighi nel mare della ricerca e della sperimentazione di tipo globale.
Nel clima fervido di queste iniziative, martedì 21 febbraio, durante l’incontro dal titolo Arte contemporanea a Bari: dal collezionismo al museo, svoltosi sempre all’interno di Santa Scolastica, il noto critico d’arte Ludovico Pratesi ha presentato il suo ultimo lavoro editoriale L’arte di collezionare arte contemporanea (Castelvecchi editore). Il testo, una sorta di ‘vademecum’ del buon compratore, è stato introdotto da Lia de Venere, curatrice e critica d’arte, e da Pasquale Bellini, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Bari. “Quella del collezionista è oggi una figura centrale nei meccanismi dell’arte, la sua attività si affianca a quella delle istituzioni, promuovendo attivamente l’arte e la sua fruizione”, ha affermato Pratesi. Il critico d’arte romano ha proseguito il suo excursus ricordando le personalità di alcuni dei collezionisti più importanti negli ultimi periodi della storia dell’arte contemporanea: Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Paolo Consolandi e Claudia Gian Ferrari per la combattività e lo spirito d’avventura. Un’analisi appassionata, quella di Pratesi, arricchita da aneddoti personali che rendono il suo studio autentico, oltre che tecnicamente ben costruito.
 
La seconda parte dell’incontro, invece, ha portato sul banco degli imputati il tema dell’agognato Museo a Bari: perché manca in città una galleria permanente di arte contemporanea? E, soprattutto, che ruolo hanno i collezionisti privati e pubblici in questo processo?
 
Le autorevoli personalità invitate a partecipare alla tavola rotonda hanno, così, aperto –forse per la prima volta da anni – una discussione animata e necessaria sulle resistenze e sulle problematiche, sia nel pubblico che nel privato, legate a questo inestricabile nodo cruciale del sistema-cultura a Bari.
Innanzitutto va sottolineata la forte partecipazione di Ludovico Pratesi (dal 2002 al 2004 consulente artistico del Comune di Bari per la realizzazione di mostre di arte contemporanea negli spazi pubblici della città) che, conoscendo personalmente la questione barese, ha esposto il suo pensiero ricordando che “il collezionismo oggi è uno stato d’essere, una categoria attiva nei meccanismi dell’arte e dunque ne va riconosciuta ormai la sua responsabilità sociale”. Per tali motivi un museo che sia radicato nel territorio ma proiettato nel mondo globale, non può prescindere dal dotarsi di una buona collezione di opere d’arte. E a questo punto preziosa è stata la testimonianza di Pietro Marino, giornalista, critico e memoria storica della vicenda artistica barese degli ultimi quarant’anni, testa di serie di quella categoria di studiosi che si sono battuti sviluppando una forte e prolungata azione di proselitismo intellettuale. La tematica della “galleria che non c’è” che Marino ha teorizzato e analizzato dettagliatamente, non è mai stata supportata da un vero e proprio progetto culturale che fungesse da fondamenta al sistema dell’arte locale. Anche quando la città era animata da eventi di grande richiamo nazionale, (il lontano Maggio di Bari o l’Expo-Arte delle origini), è mancata una azione di attenzione e  sostegno da parte dell’establishment politico.
 
Perché il fermento degli anni passati non ha portato alla costruzione di una robusta e sistematica tradizione artistica a Bari e quindi a un luogo idoneo alla sua conservazione?
 
Invitati a rappresentare la parte politica, l’assessore alla Cultura della Regione Puglia Silvia Godelli e il vicepresidente e assessore alla Cultura della Provincia di Bari Trifone Altieri, il quale ha imperniato il suo discorso sul concetto di museo come contenitore e sulle qualità strutturali del sito di Santa Scolastica come location ideale per un museo sia archeologico che di arte contemporanea. In linea con questo pensiero, Altieri ha comunicato la futura inaugurazione, nei suddetti ambienti, del Padiglione Italia, tra le iniziative promosse da Vittorio Sgarbi in occasione della prossima Biennale d’arte di Venezia.
Al suono del nome di Sgarbi l’aria si è fatta rovente. È stato Ludovico Pratesi a prendere la parola sottolineando, con tono perentorio, l’assoluta necessità di affidarsi a professionisti competenti, a progetti ben ponderati e non a coloro che ‘vanno in televisione ogni giorno’. 
Il successivo intervento dell’assessore Godelli è risultato più pertinente all’argomento trattato, per il rammarico da lei espresso nel non essere riuscita a portare a compimento l’ambizioso obiettivo di convertire gli spazi della Caserma Rossani in casa per l’arte contemporanea.   
La stessa Godelli ha rivolto una ‘lamentela’ anche agli addetti ai lavori presenti al dibattito (Vito Labarile, Antonella Marino, Marilena Bonomo, Pietro Marino e Pasquale Bellini) in relazione alla mancata presentazione, negli ultimi anni, di un progetto di gestione culturale valido che avviasse concretamente una utile discussione tra gli attori sociali, pubblici e privati,che compongono il mondo dell’arte.
 
E se invece il progetto esistesse già in ogni suo aspetto e dettaglio?
 
A tal proposito, invitato a intervenire dalla moderatrice Antonella Marino, ha preso parola Vito Labarile, consulente per le arti visive del sindaco Emiliano. Oltre che collezionista appassionato, Labarile si sta occupando attivamente del progetto BAC (Bari arte contemporanea) che mira a convertire la zona comprendente Teatro Margherita, Sala Murat e Mercato del pesce in Centro per le arti contemporanee di Bari. Un progetto plurale che affronta questa problematica in tutta la sua complessità. Un progetto, soprattutto, che parte dai contenuti e non dal mero contenitore. Un progetto solido che si affida alle giuste competenze in ogni suo aspetto. Il BAC prevede la dislocazione delle attività museali nelle sue tre strutture: presso il Mercato del pesce il ‘dipartimento’ della ricerca, educazione, formazione e produzione (“assolutamente fondamentale e imprescindibile in un museo del XXI Secolo”, esorta Labarile), presso la Sala Murat spazi per servizi e accoglienza al pubblico, mentre i grandi volumi architettonici del Teatro Margherita, prestigioso  Landmark del territorio cittadino, possiedono una naturale vocazione espositiva per l’arte contemporanea (con quattro grandi project room).
Attraverso un preciso approccio museografico si vuole trasformare la location liberty sul mare in una casa dinamica e aperta alle contaminazioni artistiche: “il modello è quello della Kunsthall con collezione permamente”, precisa Il consulente del sindaco.
 
Il nuovo progetto di fattibilità sarà presentato il 26 marzo prossimo presso la Sala consiliare del Comune di Bari. Saranno presenti l’architetto David Chipperfield, responsabile del progetto museografico e architettonico, il prof. Pierpaolo Forte, responsabile della pianificazione economico-finanziaria e Jörg Heiser che esporrà le strategie culturali del BAC.
 
Insomma il progetto mira a realizzare un sistema di politiche culturali che vede nel parternariato pubblico/privato l’architrave della futura fondazione BAC a modello partecipativo dove la presenza dei privati realizza una frontiera efficiente nella gestione e argini la volatilità della politica.
In tal senso l’azione dei collezionisti privati presenti sul territorio (in modo massiccio come ha dimostrato la mostra a Santa Scolastica), è essenziale a superare e a inglobare i tanti particolarismi e finalmente a creare un’industria creativa che sia un obiettivo comune per le istituzioni locali.
 
È arrivato il momento di prendere coscienza del fatto che un approccio solo intellettualistico non sia stato e non è sufficiente al fine di costituire un Centro per le arti contemporanee che raccolga le esperienze, i sogni, le speranze ma anche le azioni di coloro che credono nella possibilità di fare arte oggi a Bari, sentendosi partecipi e non tagliati fuori dalle scene internazionali.
 
Il Trailer è finito. Ora è tempo che venga proiettato il film per intero. E senza più intervalli.


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