16.03.2011

Intervista a Fabrizio Bellomo

Antonella Marino

TESTO

IMMAGINI

Tra gli artisti pugliesi di ultima generazione, Fabrizio Bellomo sta ottenendo interessanti riscontri all’interno del circuito nazionale. Ventinove anni, barese, in tasca una laurea in Disegno industriale presso la facoltà di Architettura di Firenze, vive a Milano facendo però spessissimo il  “pendolare” verso Bari. Arguzia e gusto del paradosso caratterizzano la sua ricerca artistica che privilegia fotografia e video per portare avanti una lettura critica della realtà, tra sovversione delle regole linguistiche e denuncia sociale. Una visione che si esplica anche nell’impegno curatoriale, attraverso l’organizzazione di iniziative a taglio corale. Come il progetto “cartoline dalle puglie”, presentato di recente a Milano: un volumetto con ventiquattro postcards di dodici giovani autori pugliesi, sintesi di una mappatura emozionale della regione che si contrappone agli stereotipi da promozione turistica. O l’imminente rassegna “amarelarte”, tra le proposte vincitrici della nuova edizione di Principi Attivi, il bando promosso dalla Regione Puglia a sostegno dell’imprenditoria creativa giovanile..
 
Partiamo da questa iniziativa “amarelarte”, un'operazione d'arte pubblica all'interno del porto antico di Bari che stai per realizzare a giugno/luglio in collaborazione con Bruno Barsanti. Da dove nasce il progetto e in cosa consiste? Come vi state muovendo?
Il progetto nasce da anni di chiacchierate con il mio socio e amico Bruno: avevamo in mente da tempo di realizzare un evento d'arte pubblica in Puglia. La "formalizzazione" di "amarelarte" è però avvenuta in funzione della partecipazione al bando regionale Principi Attivi 2010; la nostra proposta è stata valutata positivamente e ha ottenuto il contributo offerto dal bando per realizzare l'idea.
Per quanto riguarda la sostanza, mi permetto di citarne l'abstract: attraverso l'installazione temporanea di opere d'arte posizionate in acqua e in tutta l'area del porto antico, osservabili da vicino nel corso di visite guidate in barca, il progetto punta a riconsiderare, estendendone il confine, lo spazio urbano 'abitabile' e a valorizzare il mare in quanto vetrina estetica e agorà, luogo d'incontro tra tradizioni millenarie e espressioni artistiche contemporanee. 
Partendo da un'operazione artistica, si cerca di attirare l'attenzione su quella che dovrebbe essere la risorsa principale della nostra città e allo stesso tempo si creano le condizioni per un dialogo tra gli autori, chiamati ad un lavoro site-specific, e gli 'abitanti' del porto antico.
Al momento siamo impegnati nella ricerca di altri fondi e nella fase di mappatura/ricognizione dell'area; attraverso una serie di contributi filmati e di interviste rivolte agli attori sociali coinvolti a vario titolo nell'area interessata; siamo inoltre alla ricerca di testi e immagini storiche. La nostra intenzione è far emergere il maggior numero possibile di informazioni, che possano essere poi raccolte in una mappa, documentario online che rappresenti uno strumento esaustivo a disposizione degli autori chiamati a contestualizzare la loro proposta. Ciò, naturalmente, anche in relazione alle esperienze di chi vive quotidianamente l'area in questione. 
Una volta terminata questa prima fase, passeremo alla messa in linea del sito web contenente tutto il materiale archiviato, e alla diffusione di un bando finalizzato al reclutamento degli autori. Le proposte più convincenti verranno selezionate attraverso l'ausilio di un comitato scientifico attualmente in via di formazione; terminata la selezione, si passerà alla fase produttiva delle opere e, infine, alla loro installazione.
 
Sembri dunque a tuo agio in un doppio ruolo di artista e di curatore, come conferma anche l’ideazione del progetto "Cartoline dalle puglie"…
Parlare di un doppio ruolo artista/curatore non ha molto senso, perché queste due parole sono semplici etichette. La società ha bisogno di inquadrare un "essere", un nucleo di realtà all'interno di schemi che essa stessa ha dettato senza preoccuparsi di dettare, in maniera altrettanto rigida, i contenuti. Io ho il mio modo di dare forma a questo nucleo di realtà, un metodo che applico in ognuna delle mie attività: semplicemente, vivo, studio e gioco.
Penso poi a Carmelo Bene che, in una discussione durante il programma Mixer cultura, provocato sul ruolo del critico dal presentatore, dice citando Oscar Wilde, e ancora prima Feuerbach: "...l'artista è il critico, quindi il critico è l'artista..." 
Traslando questo discorso alla domanda che mi poni ecco che: "...l'artista è il curatore e il curatore è l'artista..." i due ruoli sono in realtà identici.
Quando ad esempio mi è capitato di leggere la biografia di Enrico Ghezzi, ho letto "critico cinematografico"; sinceramente mi è sembrata un'etichetta non adeguata al lavoro che Ghezzi ha svolto in tutti questi anni.
Nel momento in cui ho sentito l'esigenza di realizzare una ricerca sulla giovane fotografia pugliese, non mi sono posto domande sui ruoli: ho iniziato la ricerca, considerando il progetto come qualsiasi altro progetto.
 
A proposito di "Cartoline dalle puglie", la pubblicazione  è stata presentata il mese scorso a Milano, a Firenze e a Bologna.  Mi sembra che tu abbia mantenuto un legame molto forte con la tua regione, pur avendo fatto la scelta di vivere altrove.
Vivo fuori da anni, ma torno in Puglia con assiduità, da sempre.
Mantenere un rapporto forte con il territorio d'origine è stata un'esigenza viscerale. Mi viene in mente un'intervista a De Andrè, dove il cantautore spiega l'importanza dell'attaccamento alle proprie radici:
"...credo che sia normale che ognuno di noi prima ancora di sentirsi cittadino del mondo in questo senso, si senta invece napoletano, genovese, cosa ti posso dire, luganese, marchigiano, quindi che in qualche modo cerchi di conservare proprio la propria identità di nascita, le proprie radici di nascita per non sentirsi proprio un burattino in mezzo a un palcoscenico mostruoso"
 
La tua ricerca artistica ha un’evidente connotazione di impegno politico-sociale, come dimostra anche il tuo ruolo all'interno di Isolartcenter, il centro d’arte autogestito che si batte per la riqualificazione del quartiere Isola a Milano, contro la speculazione edilizia e il degrado urbano. Quale centralità ha per te questa componente?
La mia ricerca fotografica ha sicuramente a che fare con il sociale, e con le minoranze, ma questo è solo uno degli aspetti dei miei lavori; parallelamente ai temi trattati, pongo una particolare attenzione alla ricerca metalinguistica. Cerco di creare una tensione interiore nel lavoro, mettendo in dubbio l'opera stessa attraverso degli interrogativi sul linguaggio/mezzo utilizzato; questo mi serve a rendere più "credibile" il tutto. Quest'atteggiamento è evidente nei miei ultimi progetti, ad esempio in "32 dicembre" o in "instax200" .
Per parlare del mio ruolo all'interno di Isolartcenter, devo prima fare due accenni a cosa è oggi - e a cosa è stato in passato - il progetto, e su cosa abbia posto le basi tutto il movimento vicino alla ex stecca degli artigiani, nel quartiere Isola di Milano.
Per fare questo però mi risulta più semplice ed efficace linkare la storia di Isola sul relativo sito web.
Lavorare in questo contesto è stato molto importante; in primo luogo perché ho avuto modo di capire cosa significasse operare all'interno di un progetto legato all'arte pubblica, grazie all'approccio dell'artista lussembughese Bert Theis: arte pubblica in un contesto quale quello di Isola - ed in un qualsiasi contesto - significa dialogare con la gente che vive quotidianamente quello spazio pubblico, sentire le loro opinioni, capirne le esigenze, ed è questo il modo in cui si opera in Isola.
Il mio personale apporto al "centro", per il momento, è consistito essenzialmente in due interventi: l'ultimo realizzato ha riguardato un'installazione legata strettamente alla mia ricerca fotografica, in cui ho stampato una fotografia scattata da Bert Theis, su supporto puzzle; ho poi evocato un crollo di quest'immagine raffigurante il grattacielo della Regione Lombardia ancora in costruzione, grazie all'ausilio del supporto utilizzato.
 
Il Museo della fotografia contemporanea di Cinisello Balsamo ti ha da poco selezionato per un workshop sulla fotografia nello spazio pubblico riservato ad otto giovani artisti. Il progetto inizierà a maggio e si concluderà nella primavera 2012 con la realizzazione di otto installazioni site-specific dislocate in altrettanti luoghi dedicati alla cultura, presenti nell'area metropolitana nel nord di Milano. Cosa ci racconti a riguardo?
Innanzitutto devo dire di essere grato alla commissione, composta da Chiara Bertola (direttrice Hangar Bicocca), Roberta Valtorta (direttrice museo di fotografia contemporanea), Matteo Balduzzi (curatore del progetto), Anna Stuart Tovini (portale Undo.net) e Giovanna Amadasi (consulente fondazione Pirelli), che mi ha selezionato per questo progetto; sarà un'esperienza sicuramente interessante, in particolare perché proporrà agli autori, legati a una ricerca fotografica/rappresentativa, la contestualizzazione fisica e concettuale nello spazio pubblico. Inoltre, grazie alla dilatazione del programma nell'arco di un intero anno, si potrebbe facilmente costituire una rete  di collaborazioni, con i curatori e con gli altri artisti coinvolti, il tutto potenzialmente diretto alla formazione di un circolo virtuoso.
In Italia la fotografia è stata troppo spesso relegata a esperienze relative alla raffigurazione del paesaggio, a discapito di esperienze concettuali e meta-linguistiche. Al contrario altri paesi - e penso ad esempio alla Francia - hanno sempre dato importanza a questa seconda tipologia di lavori, rivolti appunto alla realizzazione concettuale e alla "discussione su se stessi". L'esposizione dell'anno scorso al Centre Pompidou di Parigi, intitolata "La subversion des images", è sicuramente testimonianza storica di quest'attenzione.
Spero che il progetto promosso dal museo di fotografia contemporanea rappresenti l'inizio di una futura maggiore attenzione verso questo tipo di ricerche.
 
In conclusione, dal tuo punto di vista di giovane operatore culturale come valuti l'attuale scenario dell'arte in Puglia?
Vedo molto fervore; è evidente che qualcosa si sta muovendo, anche se resta da comprendere in che modo il movimento si stia articolando. L'entusiasmo di quest'ultimo periodo è sicuramente dovuto in gran parte al progetto Bollenti Spiriti, voluto da Niki Vendola: molti giovani, grazie ai fondi istituiti, sono rientrati e/o stanno facendo la spola fra la Puglia e altre città, italiane e non. Questo è davvero importante, per una regione che - almeno negli ultimi 20 anni - è stata abituata alla continua migrazione dei propri ragazzi, fenomeno che è andato naturalmente a discapito del territorio. 
I progetti di cui mi parlano sono parecchi (forse anche troppi) e tutti piuttosto ambiziosi; c'è da capire come gli ideatori pensino di portare avanti le proprie attività, una volta esauriti i fondi regionali. A ogni modo, è un bene che ci siano tutti questi slanci, anche se in seguito bisognerà razionalizzare il tutto e in questo credo sarà necessaria la comparsa di un'istituzione museale.


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