02.02.2011

Teatro Margherita: un cine-varietà sull’acqua

Alessandra Lozito

TESTO

IMMAGINI

La lunga storia del Teatro Margherita non ha nulla da invidiare al plot intricato di un avvincente film storico: una vita ormai centenaria che ben si intreccia con le vicende che hanno animato la città di Bari nell’arco del XX secolo.
Una posizione eccentrica e una struttura singolare rendono questo teatro un unicum nel suo genere. Episodio eccezionale nell’architettura e nella cultura del capoluogo pugliese, costituisce il primo edificio in cemento armato della città oltre che la prima costruzione in cemento armato sull’acqua in Europa.
 
Sorgendo nel vecchio porto di Bari, la struttura rappresenta una sorta di ‘quinta’ teatrale ideale di Corso Vittorio Emanuele, arteria principale del quartiere murattiano, che culmina con l’elegante facciata color mattone del Margherita.
 
La sua nascita fu accompagnata da numerose polemiche legate innanzitutto allo scetticismo dei baresi circa la sua posizione ‘impertinente’ che ostacolava la vista sul mare dal centro della città. In secondo luogo il vicino e prestigioso teatro Petruzzelli rivendicava il suo diritto di protagonista indiscusso, assieme al teatro Piccinni, della scena teatrale comunale, non gradendo a tal proposito l’erezione di ulteriori edifici teatrali stabili nel perimetro murattiano.
 
Inizio turbolento; decorso movimentato -segnato anche dai disordini della Seconda Guerra Mondiale; chiusura nel 1980; successivi trent’anni di buio e abbandono: poi finalmente la luce e la riapertura nel 2009 grazie alla prima edizione del Premio Lum per l’arte contemporanea.
 
Ma ricostruiamo con ordine le tappe e i passaggi di questo affascinante e annoso racconto.
 
Il 5 settembre 1910 viene inaugurato il Varietà Margherita, un teatro ligneo realizzato su un particolare sistema di palafitte – vero pioniere nel suo genere a Bari come in Europa - nell’ansa del porto vecchio e collegato al Largo della Marina tramite un pontile anch’esso ligneo. L’edificio solleva da subito numerose critiche e polemiche sia da parte di quegli imprenditori che avevano richiesto autorizzazioni per progetti simili, poi negate, che dai fratelli Petruzzelli, i quali temevano la concorrenza del nuovo Varietà.
Per una strana coincidenza, nel luglio del 1911, il teatro e tutte le polemiche ad esso legate, divampano in un grande incendio di cui non si è mai esclusa l’origine dolosa.  
La struttura, con un progetto così avveniristico, non merita di essere abbandonata a se stessa e così nel 1912 la Società Anonima Pubblici Divertimenti Orfeo, diretta da Vito Bolognese, incarica Francesco De Giglio di occuparsi del progetto del nuovo teatro in cemento armato, materiale mai utilizzato prima d’ora a Bari.
Grazie all’avanguardistico progetto sull’acqua del Margherita viene eluso l’accordo siglato tra Comune di Bari e fratelli Petruzzelli secondo cui non potessero essere edificati nuovi teatri fissi sul suolo comunale: il teatro-palafitta sul mare appartiene al demanio marittimo e il Comune di Bari, dunque, non ha ingerenze di alcun tipo sulla sua gestione.
All’ambizioso progetto della bellissima architettura in stile Liberty concepita dall’ing. De Giglio, si aggiunge anche la consulenza dell’ing. Luigi Santarella, celebre strutturista e pioniere nell’utilizzo e nella sperimentazione del cemento armato a Bari; mentre, internamente, la decorazione della cupola e delle pareti del foyer è affidata alla bottega dei maestri Colonna.
 
Per merito anche di una equipe di lavoro d’eccezione alla fine dell’estate del 1914 viene inaugurato il nuovo Kursaal Margherita, caratterizzato da una programmazione differente rispetto ai palinsesti dei vicini teatri Piccinni e Petruzzelli, prevedendo anche numeri di café chantant, una tipologia di spettacolo nato in Francia durante cui il pubblico assiste a concerti, operette e riviste sorseggiando the e liquori.
 
Dal 1919 fino alla fine del Secondo conflitto mondiale, i saloni dell’edificio Liberty sono la sede del Museo storico della città.
Mentre la cavea della platea ospita sia spettacoli di varietà che proiezioni cinematografiche.
 
Nel 1929 si costituisce il Circolo della Vela che viene ospitato nel piano sottostante il teatro, nei cosiddetti locali ‘a pilotis’ .
In questi stessi anni la città modifica parte del suo profilo urbanistico: in seguito alla colmata del lungomare, il Margherita perde la caratteristica di edificio completamente circondato dal mare (originariamente l’ingresso era infatti collegato alla terra ferma tramite una passerella in legno).
 
Gli anni scorrono fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale quando nel 1943, il teatro è requisito e occupato dall’esercito angloamericano: diventa il Garrison Theatre, un club per l’intrattenimento delle truppe alleate.
Successivamente ospita servizi ausiliari e in parte è adoperato come magazzino, infatti vengono rimosse le attrezzature cinematografiche. Durante questi anni bui il teatro riporta gravi danneggiamenti sia in seguito al bombardamento su Bari del 2 dicembre 1943, sia all’esplosione nel porto di Bari della nave Henderson, il 19 aprile 1945.
Dopo la fine della guerra, nel maggio del 1946, l’ edificio viene derequisito e riconsegnato alla Società Anonima Orfeo gestita da Vito Bolognese, il quale avanza due distinte richieste di risarcimento dei danni: una per danni di guerra e un’altra per la requisizione e la mancata attività. Nel mese di luglio viene redatto un computo metrico e la relativa stima del danno da parte dell’Ing. Vincenzo Danisi. La società promuove la ristrutturazione del Margherita adibendolo esclusivamente a cinema.
 
Nel 1979 scade la concessione demaniale alla Società Orfeo e l’edificio viene restituito allo Stato.
A partire dal 20 febbraio 1980 il teatro resta chiuso per trenta lunghi anni, nonostante le iniziative e i tentativi, anche relativamente recenti, di numerosi intellettuali fra cui per esempio l’Ing. Gianfranco Dioguardi, figlio dell’architetto Saverio, che a Bari ha lasciato raffinate tracce di architettura Liberty, oltre che preziosi modernismi come, per esempio, nel Circolo Canottieri Barion.
 
Tre lunghi decenni si succedono e il cine-varietà sull’acqua viene abbandonato a se stesso conservando solo l’anima di quella meravigliosa e sinuosa linea Liberty. Il grande portone è chiuso, sbarrato. Si aprono solo piccoli varchi di fortuna, nascosti tra le reti di protezione, che trasformano il Margherita in una casa di derelitti, relegandolo da simbolo dell’architettura barese a un non-luogo ai margini della città.
 
Le cose però arrivano ad una svolta decisiva: grazie alla solerzia e al buon operato del Comune di Bari, pochi mesi fa, dopo una serie di trattative, il teatro entra a far parte della proprietà comunale, attraverso un processo di permuta con il Demanio che prevede anche l’acquisizione della restante parte del Mercato del Pesce ancora statale, luoghi, questi, che recano nel loro dna una spiccata vocazione culturale, ognuno per motivi peculiari.
Il Mercato del Pesce che già nel nome rivela il suo profondo legame “demo-etno-antropologico” con i baresi, si configura come uno spazio dove strutturare attività di ricerca, produzione e didattica.
Una procedura complessa, ambiziosa ma ‘fattibile’, nel senso tecnico del termine. Ed è proprio sulla fattibilità che il Comune sta lavorando alacremente. Come tutte le grandi imprese insegnano, una accurata progettualità è essenziale per la riuscita di un lavoro eccellente.
 
Il Teatro Margherita potrà, così finalmente, riacquistare quell’antico splendore di cui si è pregiato per tanti anni, quando gli sfarzosi lampadari a grappolo si tuffavano iridescenti dagli alti soffitti e quando cascate di fiori e piante ornamentali scendevano dai balconcini del foyer. Un percorso che dura da circa due anni sta restituendo a questo gioiello barese la sua dignità di contenitore di arte e cultura: il destino del Margherita sarà quello di porsi come catalizzatore per l’arte contemporanea a Bari, adibendo i suoi spazi a centro per l’arte del XXI secolo. Un laboratorio, una piazza d’incontri, una fucina dinamica e aperta, il BAC (Bari Arte Contemporanea) mira a diventare il nuovo polo artistico del Sud Italia. E non solo.


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