21.02.2011

THEY HATE US FOR OUR FREEDOM, L’ARTE AL MERCATO OCCUPATO

Enrica Dardes

TESTO

IMMAGINI

 
Un ex parcheggio sotterraneo poco illuminato, uno scenario a tratti postmoderno, con tanti piccoli box dalle porte rosse metalliche, quasi fossero scrigni e al contempo vetrine per le singole opere. Questa è la location nella quale ha avuto luogo sabato 19 febbraio They hate us for our freedom, l’esposizione a cura di Claudia Giordano e Giuseppe Racanelli.
All’interno del CSOA Mercato Occupato (ex mercato comunale del quartiere Poggio Franco, ndr) a Bari l’arte contemporanea, come in una performance che si rispetti, per una sola notte è stata la protagonista della scena.
Nonostante le peripezie legate alla precarietà del luogo, questi due giovani baresi hanno chiamato a raccolta tredici artisti pugliesi, per esprimere la loro visione dell’attuale situazione dell’arte nel Belpaese e non solo.
Claudia Giordano ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Bari e, in seguito, un master per curatore di arte contemporanea presso La Sapienza di Roma; Giuseppe Racanelli, invece, è un dottorando in Sociologia del diritto presso l’Università di Bari.
“L’idea di questa esposizione è nata dalla tesi di laurea di Giuseppe su Pierpaolo Pasolini e la censura. Questa è stata un’occasione per allargare un po' i miei orizzonti al riguardo, spaziando insieme a lui sulle esperienze dell'arte contemporanea di cui era totalmente a digiuno. A dicembre, poi, ho visto lo spazio del mercato e me ne sono totalmente innamorata. Nel giro di un mese ho abbozzato il progetto e ne ho parlato con Giuseppe, poiché lui aveva dei contatti con i ragazzi del mercato. Gli è piaciuto immediatamente. Abbiamo fatto vari sopraluoghi e scelto i box come spazi utilizzabili. Io mi sono occupata dei contatti con gli artisti, scelti in base al loro percorso di lavoro, in maniera tale che potesse combaciare meglio col tema”, ci riferisce Claudia Giordano.
Il titolo The hate us for our freedom è l’emblema dell’ambiguità del concetto in sé di arte, di ciò che ne sancisce la libertà per definizione, e le sue restrizioni. Gli articoli 21 e 33 della Costituzione italiana riportano rispettivamente che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero” e che “l'arte è libera e libero ne è l'insegnamento”. L’elemento sul quale hanno puntato i curatori e gli artisti è, però, la precisazione dello stesso art. 21 che afferma inoltre che “sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni”.
Pertanto, in una realtà come quella attuale in cui il comune senso del pudore ha labili confini, gli artisti, tutti più o meno sulla trentina, hanno espresso con forza e veemenza il loro pensiero, spesso facendo riferimento a vicende scottanti di attualità non solo politica.
L'immagine della locandina riassume in sé tutto il concetto della mostra: corvi neri, allontanati dalla città "civilizzata", colpiti da un faro che ricorda quello della polizia. Di qui il collegamento con il luogo e con il titolo They hate us for our freedom.
Le opere varie e dal taglio originale hanno coinvolto, incuriosito e interessato i numerosissimi visitatori. Una Passio Christi (una delle scene più frequenti e note della storia dell’arte) rappresentata con due sculture di piccole dimensioni rappresentanti il Messia in procinto di divorare un’adorante Maria Maddalena ai suoi piedi. Nella “stanza accanto” un letto matrimoniale, ricoperto da una stoffa rossa e dalla fantasia vistosa, con una scritta rossa di paillettes “bunga bunga”, vicino alla sagoma dorata di una ragazza. Proseguendo oltre una raffigurazione mistica – sembrerebbe una Madonna – con uno stuolo di piccoli ceri ai suoi piedi, di fianco un’altra piccola stanza trasformata in un inquietante confessionale. Oltre alla critica di stampo religioso, non manca quella politica con un video hard accompagnato dall’Inno di Mameli come colonna sonora.
Oltre a queste tantissime altre opere dei tredici artisti (Sara Basile, Livio Caione, Loredana Cascione, Pierluca Cetera, Claudia Giannuli, Annalisa Macagnino, Fabio Mazzola, Pierpaolo Miccolis, Paracity Guerrilla Art, Pastike, Patrizia Piarulli, Claudio Ranieri, Giuseppe Sassanelli) che hanno esposto le loro opere in questo scenario singolare, ma assolutamente calzante proprio per il suo essere completamente sciolto dai circuiti abituali dell’arte. La stessa curatrice ci ha detto “È stata una scommessa, per tanti motivi, primo fra tutti portare il popolo dei vernissage in un luogo così tanto diverso dal solito, e soprattutto con una connotazione politica così evidente. Però l’esito è stato decisamente positivo. Tantissima gente è venuta a vedere la nostra esposizione e noi siamo decisamente soddisfatti”. 
 


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