27.02.2011

Cerimonia del caffè etiope. A Bari finissage di Zeleke

TESTO

IMMAGINI

L'evento di chiusura delle mostra pittorica dell'artista Enatalem D. Zeleke presso il Nessundorma di Bari prevede un momento conviviale di origine etiope, la famosa "Cerimonia del Caffè" e, a seguire, un concerto live del trio "Michele Giuliani & Reunion Platz" con la partecipazione straordinaria della ballerina Ana Estrela.
La cerimonia del caffè sarà eseguito dall'artista a partire dalle 18.30
 
In un mondo completamente diverso da quello a cui siamo abituati anche questo semplice gesto assume un significato particolare. Ed ecco che il chicco diventa protagonista di un’occasione da non perdere.
In Etiopia la cerimonia del caffè, nero, bollente e abbondante è sinonimo di ospitalità, un segno di amicizia e di rispetto, sia che l’ospite venga invitato da un etiope nella propria abitazione, casa o capanna, sia che si rechi in un qualsiasi locale che pratichi questa tradizione. La cerimonia segue dei rituali antichi, tramandati fino a oggi.  LIVE Michele Giuliani & Reunion Platz. Dalle 20.30 Atmosfere senza tempo, essenzialità e improvvisazione caratterizzano la performance del trio pugliese Reunion Platz. La concezione del ritmo e l'approccio all'armonia si modellano fondendosi con melodie di profondo impatto emotivo evocative di spazi lontani e al tempo stesso vicini, visioni urbane ma anche dimensioni naturali. I brani originali dell'artista compositore pugliese Michele Giuliani, comunicano una insolita combinazione di misticismo e carnalità nella infinita e costante ricerca di un suono unico di radice che punti dritto al risveglio emotivo dell'ascoltatore. Le trame ritmiche ipnotiche delle percussioni africane e cubane di Cesare Pastanella, s’intrecciano all’energica e incessante pulsazione del basso di Marcello Piarulli, facendo da cornice ad un’improvvisazione pianistica a cavallo tra il jazz e la musica etnica.
 
Michele Giuliani
piano/voce
Marcello Piarulli
basso/coro
Cesare Pastanella
percussioni/voce
 
La Cerimonia del caffè Tutto inizia bruciando dell’incenso dal profumo intenso in un incensiere di coccio accanto al quale la giovane, a mani nude, lava i chicchi bianchi di caffè in una ciotola. La padrona di casa prepara l’area destinata alla cerimonia e la delimita con una stuoia fatta con lunghe foglie di goosgwaze, tipica erba locale che appena tagliata emana un profumo vigoroso. Uno scenario naturale che rievoca l’originale legame tra l’uomo e la natura. In questa atmosfera, la donna si siede su uno sgabello davanti a un braciere e con gesti antichi e rituali accende l’incenso, prepara qualcosa da mangiare, il kolo (cereali e noccioline tostati con berberè) o il dabo kolo (chicchi di pane dolci fritti), distribuendoli tra gli invitati. In seguito arrostisce i chicchi verdi di caffè, agitandoli in una scodella concava per farli tostare uniformemente. Una volta tostati i chicchi, la scodella fumante passa sotto il naso dei partecipanti per annusare e gustare l’aroma. Il caffè, così tostato, è macinato lentamente nel mukecha, un piccolo mortaio; la polvere ottenuta si mette nella jebena: una caffettiera in terracotta nera dal collo lungo e stretto che contiene acqua calda pronta per l’ebollizione. Dopo aver scaldato l’acqua della brocca sul braciere si aggiunge il caffè macinato e si fa bollire. L’ultima fase della cerimonia è quella del consumo. ll profumo del caffè speziato diventa fortissimo e quindi si passa finalmente a versare nei fingiàn il liquido che viene filtrato con lo stesso gebenà da un piccolo tappo di stoppa infilato dentro il beccuccio. Seguendo un antico proverbio che dice: «caffè e amore si gustano meglio quando sono caldi», il caffè è servito bollente e zuccherato partendo dall’ospite più anziano, negli spini, tazzine senza manico riempite fino all’orlo, perché lasciare la tazza vuota semivuota è segno di poca ospitalità.  Quando tutti hanno bevuto, la donna raccoglie le tazze, aggiunge altra acqua e prepara il secondo giro, usando gli stessi chicchi. La tradizione vuole che si faccia anche un terzo giro, se gli ospiti lo desiderano. Attorno qualcuno balla danze su musiche tradizionali, movimenti ritmici sempre più veloci, corpi fluidi che la nostra cultura ha cancellato. La prima tazza ha un gusto intenso, la terza è più “leggera”: dicono sia una sorta di benedizione che accompagnerà l’ospite a cerimonia finita. A conclusione il fumo dell’incenso sale nuovamente a riempire un’atmosfera che si è fatta magica. Ricca di simboli e segni codificati, è realmente un momento nel quale sensi e attenzione sono richiamati a ospitare aromi, profumi, gesti ed emozioni antiche.
È un rito che va gustato attimo dopo attimo e che di solito dura dai trenta minuti all’ora intera. Il sapore è molto simile al caffè nostrano, forse un po’ più leggero, ma ugualmente gustoso ed è buona cosa berne almeno tre tazze, in quanto la terza è la cosiddetta tazza berekha, ovvero quella della benedizione.


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