DOCUMENTA 13: CONVERSAZIONE CON CHIARA FUMAI

Antonella Marino

TESTO

IMMAGINI

È una conferma alle indiscrezioni della vigilia e una presenza che fin dai primi giorni d’inaugurazione non è passata inosservata: tra i 180 artisti provenienti da ogni parte deI gIobo (di cui solo 12 italiani) selezionati da Carolyn Christov-Bakargiev per la prestigiosa Documenta 13 a Kassel, c’è Chiara Fumai, trentaquattrenne barese, che ha preso parte alla seconda edizione del Premio Lum.  In anteprima, ha accettato di raccontarci  “a caldo” contenuti, emozioni e retroscena di questa importantissima esperienza…
Partiamo dal lavoro che hai presentato a Kassel, un intervento sofisticato in cui intrecci dialettica hegeliana ed occultismo, femminismo radicale e studi teosofici, che i report critici non hanno mancato di segnalare. Ci racconti come è nato il progetto e come si è sviluppato?
Ho impiegato quasi un anno mezzo e per generare queste due figlie. Sono due "freaks": una la conoscevi gia', si chiama "The Prodigy of Nature" ed e' una performance cum installazione basata sulle lettere di ammirazione inviate da artisti e scrittori contemporanei a una donna barbuta. L'altra si chiama "Shut Up. Actually, Talk" ed e' anch'essa parlata da un freak dell'ottocento (Zalumma Agra), ma si basa sui contenuti di due manifesti del gruppo di femminismo radicale "Rivolta Femminile" degli anni '70... Questa associazione inaspettata non e' un gioco, bensi' il frutto di un approfondimento nell'ambito del linguaggio e della teologia, interpretati dal punto di vista dell'antagonista secolare, non del protagonista, al fine di  scardinare certi presupposti materialisti che continuano a circolare liberamente, come se niente fosse.
In sintesi voi credete che il femminile vada trasmesso secondo principi dialettici (hegeliani, marxisti), ma in realta' questi principi linguistici non sono altro che una manifestazione della sua stessa repressione. Di conseguenza io e le mie bellissime figlie ci siamo organizzate per i cento giorni di documenta, istituendo una casa decostruita sul modello di una casa di spiritiste, e ci siamo lasciate parlare dai "rappings".
L' aspetto performativo e’ fondamentale nella tua ricerca. A Kassel, dentro la casetta nel parco Karlsaue, oltre a reincarnarti nella barbuta Annie Jones ( che aveva fatto incursione anche a Bari, in una vetrina di Palazzo Mincuzzi, due anni fa) e nella ex schiava Zalumma Agra, due attrazioni del vittoriano Circo Barnum, hai evocato magiche apparizioni anche sul tetto del Federicianum. Che reazioni hai colto nel pubblico? Quanto questa interazione con lo spettatore è importante per te? Annie Jones e Zalumma Agra si materializzeranno nei tre mesi successivi di apertura della rassegna?
Mi interessa lo spazio nebuloso della trascendenza, che in verita' e' anche lo spazio dell'emozione, dell'inconscio, e del fraintendimento. Non saprei parlarti della reazione del pubblico. Queste performance hanno il fine di svegliare una forma di  pensiero simile all'autocoscienza, terrorizzare i patriarchi, farsi beffa dei materialisti (Karl Marx incluso), portare la luce del Lucifer gnostico, senza passare attraverso la teologia secolare che fin'ora ha fatto solo gli interessi del Padrone. L'interazione con lo spettatore che mi interessa riguarda il piano del linguaggio, perche' la performance orale puo' fare grandi miracoli. Deus Est Demon inversus e queste performance sono forme di iniziazione, anche se pochi lo hanno capito. Ma e' giusto che sia cosi', come ci ha spiegato Kandinskij.
Per i costumi dei tuoi visionari personaggi hai lavorato con Antonio Piccirilli. giovane stilista e designer di talento, anche lui di origini baresi. Come si e’ svolta questa collaborazione?
Ho chiesto aiuto ad Antonio sulla scelta dei costumi di Zalumma Agra, dopo aver visto una sua collezione. Abbiamo mescolato abiti usati e dei prototipi disegnati da lui, perche' mi piacciono molto i modelli femminili a cui si ispira. Da questo incontro sono nati un'amicizia e un rapporto di collaborazione basato su flussi di ispirazione continua. Penso che se un giorno riusciro' finalmente a istituire la Societa' per l'Eliminazione del Maschio, faro' in modo tale da farlo scappare clandestinamente prima dell' attacco finale.
Il tuo iter e’ un po’ atipico: in due anni hai scalato gli steps del sistema dell’arte. Ma è comunque inconsueto, direi eccezionale, essere invitata alla più prestigiosa rassegna del mondo quasi da sconosciuta. Come ti ha scoperto Carolyn Christov- Bakargiev? E ti ha seguito, o consigliato, o indirizzato nel tuo progetto?
Carolyn mi ha contattata dopo aver visto la performance "Chiara Fumai presenta Nico Fumai". All'inizio pensavo di essere nel pieno di un viaggio astrale molto ben dettagliato, in quanto ero appena tornata da un'esperienza in Siberia, dove avevo avuto un sacco di allucinazioni. Ma quando le ho detto che il motivo per cui faccio arte e' la condivisione del dolore, mi sono accorta che in quel momento si stava rivelando qualcosa di veramente importante, e che di conseguenza ero anche molto cosciente. Cosi ho patteggiato l'Io in cambio della possibilita' di conoscere quanto esiste di sommo e infimo nella natura umana. Proprio come ha fatto il Dottor Faust.
L’ approccio a Kassel è stato individuale o hai avuto modo di incontrare altri artisti e operatori culturali, confrontarti con loro? Te lo chiedo perché la direttrice ha molto insistito sulla dimensione di laboratorio e di seminario nella partecipazione degli artisti.
Mi sono confrontata con molte persone. La parte di Annie Jones (donna barbuta) e' stata realizzata con i contributi di scrittori e artisti che mi sono stati presentati da Chus Martinez, Raimundas Malasuskas e Sarah Rifky, tra cui anche Mario Bellatin e Ingo Niermann, autori di libri pubblicati da Documenta. Queste persone hanno influito moltissimo sulla creazione dell'opera, e quindi hanno scritto questa parte della mia vita. Zalumma Agra, l'altra protagonista del mio freak-show, esattamente come Regan Theresa MaCneil, la meravigliosa protagonista del film “L'Esorcista”, e' l'opposto di Annie e quindi non ha fatto collaborazioni di nessun tipo. E' incapace di istituire dialoghi, sputa mentre viene parlata, grida come un'isterica. Ma in fondo la stimiamo proprio per questo, e' una grande performer.
Quale impressione quindi hai avuto di Documenta 13 nel suo complesso? Hai trovato consonanze o affinità fra la tua ricerca e altre proposte internazionali? E’ una esperienza che influirà sul tuo lavoro in futuro, sia in termini di scelte creative sia per le occasioni di presenza all’interno del sistema?
Il mio rapporto con dOCUMENTA(13) e' nato da un colpo di fulmine, quindi non conosco la distanza necessaria per parlartene in termini generali. Penso tuttavia che ci siano molte affinita' con altri artisti e che inevitabilmente tutto questo influira' sulle mie figlie future. Non so parlarti di "presenze nel sistema", davvero. Non fraintendere questo come un atteggiamento snob dettato dalla stupidita' di un'eterna bambina, ovvero un'emerita idiota. Sono lucidissima. Semplicemente mi piace la leggenda, e per questo motivo cerco di evitare le tautologie. Ancor piu' della leggenda, mi piacciono l'epica e la dimensione surrealista, perche' raccontano la realta' per quello che e'. Rotonda.
In concreto (sarà prematuro, però…) stai già pensando a nuovi progetti? Hai avuto proposte?
Mi sto preparando per partorire "The Walking Abortion" una mostra che si basera' sul manifesto SCUM di Valerie Solanas. La portero' in Viafarini e la faro' capeggiare da Milovan Farronato. Ce ne sara' anche un'altra in un parco di Mosca, curata da Andrey Parshikov. Dopo di che visitero' una stalla nazionalsocialista con Mies Van der Rohe e preparero' la bile sufficiente a vomitarvi addosso la vera storia di Dante Rossetti con Elizabeth Siddal. In questo caso sarò davvero spietata.
Chiara Fumai:picture n. 1, 2, 3: The Moral Exhibition House (2012); 4: Shut Up. Actually, Talk (the world will not explode) (2012)Photo: Maria Montesi, Krzysztof Zielinks, Blerta Hocia. Courtesy of the artist.All works commissioned by dOCUMENTA (13) and produced with the support of Fiorucci Art Trust, London


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