Indossate i salvagenti: arriva l’ondata Watershed. Conversazione con Giusy Caroppo

Alessandra Lozito

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Indossate i salvagenti: arriva l’ondata Watershed
 
Conversazione con Giusy Caroppo, di Alessandra  Lozito
 
Non è il titolo dell’ultimo 3d movie di fantascienza. Né un progetto di ingegneria idraulica di ultima generazione. Si chiama Watershed, è un’iniziativa nuova di zecca, risultata ai primi posti in graduatoria tra i progetti di cooperazione che beneficeranno di un finanziamento dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma Cultura 2012.
Abbiamo incontrato l’ideatrice del progetto, la storica dell’arte Giusy Caroppo, tra i curatori della seconda edizione del Premio Lum e art-director di Eclettica_Cultura dell’arte, associazione promotrice dell’iniziativa, per cercare di capire meglio di che si tratta.
Com’è nato Watershed?
È figlio di Intramoenia Extra Art, il progetto che ho ideato e curato fin dal titolo, legando l’arte contemporanea ai castelli e palazzi storici di Puglia per cinque anni, una sorta di “museo temporaneo diffuso”, idea abbastanza pionieristica in Puglia nel 2005, che univa appunto patrimonio artistico alla produzione di mostre inedite.
Fondamentali per il successo ottenuto presso la Commissione Europea è stata dunque l’esperienza pregressa di Intramoenia?
Si, insieme all’incontro con Aldo Torre,  un giovane eclettico che oltre ad essersi formato in campo umanistico in Italia e all’estero, aveva maturato esperienze nel marketing, utili al nostro progetto.  Lui lo ha rifinito sintonizzandolo sugli standard richiesti dalla commissione e rendendolo in un inglese comprensibilissimo.
Ciò che per primo colpisce è sicuramente il nome Watershed, e poi, le declinazioni, per nulla ovvie, del tema: l’acqua. Da dove nasce l’idea?
Questa tematica raggruppava vari aspetti legati alle location e ai linguaggi degli artisti coinvolti,  ma anche simbologie e metafore, il “solco tra i bacini” ma anche il “punto di svolta” e, inoltre, la lacrima, presente sia nell’opera di Fabre, che abbiamo scelto di reinterpretare, sia nell’acqua di mare che caratterizza le saline di Margherita di Savoia e stimolerà l’indagine degli artisti svedesi Bigert & Bergstrom.
Quale l’innovazione di Watershed e quali sviluppi potrebbe avere nel sistema dell’arte contemporanea pugliese?
Dalle mostre prodotte da Eclettica_Cultura che ho curato, sono passati artisti del calibro di Michelangelo Pistoletto, Enzo Cucchi, Mimmo Paladino, Oliviero Toscani, Luigi Ontani, lo stesso Jan Fabre, Bill Viola, Ernesto Neto e tanti altri. Parliamo di sei anni di mostre che hanno visto “crescere” il sistema dell’arte pugliese, sia perché siamo riusciti ad inserirlo in una rete internazionale, con una sua identità (un brand, un format, la periodicità), sia perché queste esperienze hanno coinvolto giovani professionalità che, a loro volta, hanno creato associazioni, cooperative, dando vita ad eventi culturali, mostre di tutto rispetto su tutto il territorio di Puglia; hanno imparato a mantenersi in contatto, stimolando -seppur in un momento di grande difficoltà- l’economia della cultura, anche in zone periferiche (pensiamo a Brindisi, Taranto, Manfredonia).
Più specificatamente, ci siamo poi interrogati su chi sono gli attori protagonisti degli eventi-tappe del viaggio Watershed, che partirà il prossimo 20 giugno e si concluderà nell’arco di un anno circa.
Quali gli artisti coinvolti e quale il criterio di scelta adottato dal team di Eclettica?
Gli artisti di Watershed sono stati scelti in relazione alla tematica, al loro linguaggio (il progetto si muove tra arti visive, architettura, teatro danza), alla loro storia e provenienza territoriale; poi abbiamo cercato di rendere più solidi alcuni legami già intrapresi: con Jan Fabre c’è una stima reciproca che intercorre dalla mia prima mostra, nel 2003, Delirio. Fabre, poi, è testimonial Unesco per l’acqua da quando ha scritto e diretto l’ “Histoire des larmes”, opera teatrale dedicata agli umori corporei: questa ispirerà una compagnia nostrana, “La compagnia delle formiche” che rileggerà in modo inedito la pièce di Fabre. Nelle installazioni, video e poesie degli olandesi NIO architecten, invece, l’acqua e i disastri ambientali restano un incubo materializzato, mentre per Guillermina De Gennaro l’acqua sarà il mezzo per Volver sin volver e far galleggiare, in un nostalgico mare, volti di donna: accadrà a Rotterdam come è accaduto al Forte a mare di Brindisi, nel 2010. E poi le residenze del salentino Luigi Presicce, attento alle tradizioni nordiche che, coerentemente, porteremo in Svezia; gli svedesi Bigert & Bergstrom saranno nelle saline di Margherita: scelti perché studiano il paesaggio anche al microscopio, attratti dalle reazioni chimiche e fisiche delle molecole. Infine la pugliese Sarah Ciracì: a lei la realizzazione di un originale documento finale, sunto di tutto il progetto, dal titolo “Non c’è vita senza acqua”.
Una Regione, la Puglia, che fatica a costruire una struttura (possiamo usare ancora la parola Museo?) di arte contemporanea permanente e consolidata. Un progetto pugliese che vince un finanziamento europeo importante. Come pensa che la situazione dell’arte contemporanea in Puglia possa finalmente stabilizzarsi? E attraverso quale tipo di politiche culturali?
La Puglia ha sempre avuto un grande difetto: la difficoltà a fare rete. Invece è attraverso la collaborazione tra grandi e piccole aziende, associazioni, enti pubblici e privati, fondazioni bancarie, che si può garantire la sostenibilità di iniziative culturali sul territorio. Oggi, con la prospettiva di progetti quale il costituendo “Distretto Puglia Creativa” o con esperienze simili a quelle di qualche anno fa, quale il “Circuito del Contemporaneo”, si potrebbe assolutamente stabilizzare il sistema. Tra le grandi iniziative degli enti privati, certamente il Premio Lum va sostenuto, magari potenziando l’aspetto di formazione  - i workshop sono stati, anche per noi curatori, un’esperienza straordinaria - e produzione di opere inedite legate alla location o all’identità territoriale, senza essere localistiche.
È chiaro che, per fare un lavoro continuativo e radicato, sono necessari finanziamenti significativi. Negli ultimi anni i fondi regionali di derivazione europea sono stati indirizzati al cinema e al teatro. Si spera che con i prossimi bilanci, se si saprà attingere nuovamente all’Europa in modo fruttifero - orientando gli impegni di spesa all’arte moderna e contemporanea e comunque all’industria creativa in senso lato, con il coordinamento di figure manageriali sensibili, con competenze certificate nel settore- si potranno affiancare realtà come il Piemonte. In questo anche Bari, con le ultime iniziative, quali il Premio Lum e la mostra dedicata ai grandi dell’Arte Povera -operazione intelligente che ha inserito il capoluogo in un progetto nazionale- ha rinforzato la sua posizione  nel contesto nazionale.
A proposito della retrospettiva sull’Arte Povera, che ha attivato gli spazi del Teatro Margherita di Bari da dicembre 2011 a marzo 2012, con straordinario successo di pubblico e critica, ritiene che la Regione Puglia stia operando delle buone scelte nel settore del Contemporaneo? Che ne pensa dell’operazione BAC all’interno del Teatro Margherita, e delle posizioni di netta bocciatura del progetto da parte di Vendola, Godelli e Barbanente?
Per quanto mi riguarda -viste le iniziative che personalmente ho portato avanti con l’associazione Eclettica, condivise e sostenute in massima parte dalla Regione, iniziative che hanno fatto sì che si producessero opere inedite, promuovendo anche artisti autoctoni, collocandoli in parterre internazionali- non posso che rispondere di sì. È chiaro che, come ho già detto, si può migliorare, ma si partiva da un terreno vergine. Riguardo al BAC - premesso che tutti ci auguriamo un museo di arte contemporanea a Bari - credo che parlare di bocciatura da parte del Presidente e dei due Assessori di settore, sia dare un lettura squilibrata della posizione regionale. Bisognerebbe leggere la genesi del progetto BAC, oltre che conoscere il bando europeo sul quale va ad incastrarsi il co-finanziamento al quale dovrebbe attingere. Ho seguito l’evoluzione del progetto BAC sulla carta stampata, non essendo stata coinvolta direttamente in confronti  sui progetti e pur conoscendone i protagonisti: la prima cosa che avrei evidenziato è, appunto, quella che ha sostenuto l’assessore Barbanente, ovvero che i fondi europei destinati al polo per l’arte contemporanea sono finalizzati ad aree da riqualificare e non è il caso del murattiano. Secondo: il progetto BAC, credo nasca con un grande problema: la sostenibilità. Mi pare che il Comune dovrà “tassarsi” per oltre un milione di euro l’anno, per diversi anni. E poi, pur apprezzando Maurizio Morra Greco, conoscendo la sua passione di raffinato collezionista e mecenate, credo che i privati debbano collaborare ad un progetto di tale portata anche finanziariamente, non solo facendo ruotare la propria - seppur onorabile - collezione. Altro punto è la mancanza di apertura al territorio, alle realtà più vivaci e non provinciali. L’ideale sarebbe trovare un punto di accordo tra Regione e Comune, cercando di concertare una scelta che possa integrare il BAC nel progetto più ampio, condiviso dalla Regione e dalla UE, questo perché un museo deve avere una sua “fisionomia” o “architettura “, e il BAC ovvero il Teatro Margherita ha le phisique du role! Ma un laboratorio delle arti, un’hub creativa avvicinerebbe il Museo a realtà internazionali come la RUHR tedesca; non dimentichiamo che la “vita” che nasce dall’interno di una struttura culturale porta inevitabilmente sostenibilità; un Museo, inteso in senso moderno, non è solo un contenitore di mostre, deve essere propulsore di scambio tra culture, deve necessariamente sostenere anche la realtà locale, regionale, come fanno il Piemonte, la Campania, il Trentino: un museo pubblico deve relazionarsi col proprio territorio e lavorare anche per la crescita del proprio territorio e creare scambi con l’estero non a senso unico.


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