04.02.2011

Intervista a Giovanni Iovane

Antonella Marino

TESTO

IMMAGINI

Dal 2010 lei è il curatore del SACS, Sportello per l’arte contemporanea della Sicilia, attivato all’interno del Museo Riso di Palermo con l’obiettivo di promuovere i giovani artisti. Come funziona questa struttura? Quali iniziative sono messe in atto per creare occasioni di scambio tra realtà locale e contesto nazionale/internazionale?
Sacs è un archivio cartaceo e online dedicato alla presentazione del lavoro di giovani artisti siciliani. Ciascun curatore di Sacs (io sono il terzo, dopo Cristiana Perrella e Helga Marsala) incrementa il numero degli artisti selezionati nella versione online. Come il sito web del PS1 a New York dedica un suo cospicuo e articolato spazio agli artisti newyorkesi, così il nostro archivio online ha la funzione di presentare, documentare e illustrare l’esperienza artistica degli artisti siciliani (o di quelli residenti in Sicilia da almeno due anni). Inoltre, Palazzo Riso organizza ogni anno un programma di visiting curators concentrato sulla consultazione a Palermo dell’archivio con conseguenti incontri con gli artisti selezionati. Da quest’anno abbiamo istituito due “Gallerie Sacs” a Palermo (in una sala al piano terreno del museo) e a Catania (all’interno degli spazi espositivi della Fondazione Brodbeck). In queste due piccole gallerie ogni mese un artista presente nell’archivio realizza una sua installazione. Lo spirito tuttavia di queste gallerie Sacs non è meramente espositivo. L’idea è quella di creare e rendere visibili degli spazi condivisi e aperti alle diverse forme di creatività. Così ad esempio, la galleria Sacs di Palermo presenta una grande libreria, dei tavoli da lavoro con computer in connessione wireless, dei divani... insomma l’intervento artistico ha anche una funzione “abitativa”; di rendere immediatamente frequentabile quello spazio; “aperto” al pubblico e non rinchiuso nella dimensione talora astratta del white box. L’esperienza di questi mesi ci ha dato ragione e siamo riusciti ad attrarre un ulteriore buon numero di visitatori; anzi meglio direi frequentatori abituali e specialmente giovani. L’obiettivo era difatti quello di realizzare un luogo d’incontro all’interno del museo anche e soprattutto al di là dell’attività espositiva principale.
 
Attualmente è in corso una collettiva Paesaggio e popolo della Sicilia, con ventitre giovani artisti siciliani selezionati dall’archivio. Con quali criteri sono stati scelti? Qual è il filo conduttore della rassegna?
Come recita il titolo, il filo conduttore della mostra è quella di presentare il paesaggio e il popolo della Sicilia contemporanea attraverso le opere degli artisti presenti nell’archivio.
Il linguaggio artistico attuale consente di riconfigurare la percezione visiva della Sicilia e dei siciliani (parafraso un noto saggio di Federico Zeri). Il progetto espositivo è una sorta di montaggio di immagini della Sicilia contemporanea. Non si tratta quindi di una selezione di merito dei giovani artisti siciliani ma di mostrare come le loro opere ci restituiscano una immagine autentica e profonda dell’isola.
 
La nascita del Museo Riso, che un recente sondaggio dà al secondo posto per gradimento (dopo il Maxxi) tra i musei internazionali di recente istituzione, ha avuto ricadute sensibili sul territorio? Quali sono comunque le prospettive, e/o i problemi, dell’istituzione?
Come curatore ospite non vivo quotidianamente la mia esperienza palermitana. Tuttavia, in questi mesi ho osservato una crescente attenzione nei confronti del museo. Le attività espositive di questi tre anni inoltre hanno avuto anche il merito di stabilire un dialogo proficuo con il territorio che viene nutrito attraverso una intensa attività didattica e con progetti mirati. Può sembrare un paradosso, in Italia, ma questo museo d’arte contemporanea riesce ad avere molti più visitatori degli altri musei storici di Palermo.
Le prospettive sono quelle di continuare un’attività espositiva basata su progetti internazionali (e legati specialmente all’area del Mediterraneo) e di potenziare le attività dell’archivio Sacs. Per quanto riguarda i problemi, sono quelli che affliggono tutti i musei italiani... tuttavia l’energia del Museo, e la passione di coloro che ci lavorano fanno ben sperare.
 
La formula del museo diffuso coinvolge più centri, come Catania. Lì sono sorte importanti istituzioni private come la Fondazione Brodbeck, per la quale lei cura (con Helmut Friedel)  il programma quadriennale Fortino 1. C’è in Sicilia un sistema di relazioni fra pubblico e privato, e con quali modalità si svolge?
Il sistema di relazioni pubblico-privato in Sicilia è cosa recente. Sarà compito del museo (è un museo regionale) quello di organizzare e rendere sempre più stabili e proficue queste relazioni.
 
Lei insegna Storia dell’arte contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Brera. Da questo osservatorio qualificato come valuta la condizione dei giovani artisti in Italia? In particolare, che cosa pensa dei Premi che si vanno istituendo per i giovani, come il Premio Lum?
La condizione dei giovani artisti in Italia non è certamente facile per via di una economia generale mediocre, di poche istituzioni credibili e internazionalmente riconosciute e anche per una legittimazione (o persino una abitudine) mai completamente compiuta dell’arte contemporanea. Persino gli strenui difensori del nostro territorio e del patrimonio artistico culturale spesso dimenticano che l’arte contemporanea è quella che ci permette di ri-vedere e comprendere l’opera d’arte del passato.
A differenza di alcuni anni fa oggi i giovani artisti italiani hanno a disposizione però una rete internazionale di residenze (Palazzo Riso ha avviato quest’anno un suo programma di residenze per artisti siciliani nell’ambito del progetto espositivo legato alle Biennali del Mediterraneo) e... i premi. Il premio possiede un certo valore sia come riconoscimento pubblico sia come possibilità, per l’artista, di “uscire” dall’Italia.
 
In base alle sue esperienze di vita e di lavoro fra Nord e Sud del Paese, crede che  esista una “questione meridionale” anche per il sistema dell’arte? Ci sono state mutazioni rilevanti negli ultimi anni rispetto ai termini storici del problema? Ritiene opportuna e fattibile una rete di relazioni fra Mezzogiorno “insulare” e continentale”?
Mah, non so se esista una vera e propria questione meridionale per il sistema dell’arte.
Posso citare la mia esperienza. Nel 1989 ho avuto la cattedra di storia dell’arte all’Accademia di Catania. A quel tempo la città era in una sorta di coprifuoco. In un paio di anni, era allora sindaco della città Enzo Bianco, la città ha radicalmente cambiato le sue abitudini acquisendo una vivacità culturale e mondana straordinaria. Alla fine degli anni Novanta siamo persino riusciti (il sindaco è riuscito) a riaprire il Museo civico di Castello Ursino con una mostra importante della collezione dello Stedelijk Museum di Amsterdam. Per un paio di anni il Museo civico ha prodotto le proprie mostre d’arte contemporanea e antica, affidandosi a un progetto critico autonomo (senza accettare più mostre preconfezionate, per intenderci). Poi Bianco se ne è andato, è cambiata la gestione politica della città e il Museo civico è ritornato nel nulla o peggio nella pura occasionalità peraltro scadente.
Negli ultimi anni, con la nascita di Riso o di diverse fondazioni private, oltre al consolidamento di alcune gallerie d’arte (penso, in primo luogo, al lavoro più che decennale di pioniere svolto dal mio amico Gianluca Collica), la Sicilia non è però più solo un luogo turistico o una attrazione esotica per artisti o curatori internazionali stressati...


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