12.07.2011

Vessel e Archiviazioni: un’intervista doppia

Antonella Marino

TESTO

IMMAGINI

Per la Puglia sembra essere un buon momento, con segnali interessanti anche sul fronte dell’arte. Accanto a grossi progetti istituzionali, come la Fondazione Bac, c’è infatti un attivismo giovanile che per la prima volta sembra assumere connotazioni progettuali e una nuova esigenza di fare rete, coniugando attenzione al territorio e apertura internazionale. È il caso di due iniziative appena avviate tra Bari e Lecce, all’apparenza piuttosto simili, ma con significative differenziazioni. Da un lato la nascita nel capoluogo barese di uno spazio no profit, vessel, con il programma “Motore di Ricerca” selezionato dalla Regione nell’ambito di Principi Attivi, e curato da Viviana Checchia ed Anna Santomauro col fine di “costruire un ponte artistico e sociale tra il territorio pugliese e l’area del bacino del Mediterraneo, il Centro e l’Est Europa”. Primo step la creazione un archivio digitale e cartaceo, che raccoglie tesi universitarie legate alla Puglia e materiale di artisti pugliesi under 35 selezionati attraverso periodiche open calls  da un comitato scientifico composto dalle curatrici con Charles Esche, Ilaria Gianni, Cecilia Guida, Denis Isaia, Viktor Misiano, Marco Petroni e Roberto Pinto. A esso si affianca l’organizzazione di residenze internazionali per curatori, invitati a prendere visione dei portfolio raccolti, e il supporto di una project room per incontri e momenti di discussione e di una web radio.
 
Dall’altro, nel Salento, Archiviazioni - ideato da Giusy Checola e curato insieme a Luigi Presicce, in collaborazione con Salvatore Baldi, Anna Cirignola e Elvira De Masi, inserito all’interno del programma Lab 12 della Fondazione SoutHeritage di Matera, che ha come presupposto “un’indagine, una riflessione e un’azione sul Sud contemporaneo come spazio, come dimensione singolare, come concetto e paradigma, con le sue peculiarità, le sue ricchezze, la sua complessità”. A questa idea di Sud come categoria mentale, non  circoscritto a un luogo geografico, è improntata la realizzazione di un archivio e centro di documentazione in progress (Archivica), aperto al pubblico, che riunisce pubblicazioni, materiale audiovisivo e progetti di artisti e curatori d’ambito nazionale e internazionale, suddivisi in tre sezioni: Interno Sud, dedicato alla scena artistica e socio-culturale a Sud; Sopralluoghi, che raccoglie materiale sulle diverse forme di progettualità artistica sviluppata in rapporto ad un territorio; e Radar, la sezione dedicata alla documentazione sui programmi di alta formazione artistica e curatoriale in Italia e all’estero e all’attuale dibattito artistico internazionale. E poi le Azioni: oltre a incontri e workshop, anche uno spazio espositivo e un laboratorio attrezzato per la produzione di opere, a disposizione di artisti non solo locali...
 
Come scrive Pierluigi Sacco, nella ridefinizione della geografia dell’arte “i fattori permanenti contano più di quelli temporanei”. Tra le caratteristiche che rendono artisticamente attrattive alcune città sulla scacchiera globale, oltre a “un sistema istituzionale solido” e a “un’elevata concentrazione relativamente stabile di operatori di qualità”, è necessario “un buon grado di cooperazione tra gli attori locali”. Un elemento storicamente distante dalle nostre realtà, tradizionalmente votate all’individualismo. Voi siete di origini pugliesi, ma avete fatto la scelta quasi obbligata di formarvi fuori. Quale idea avete di questo contesto e come mai avete scelto proprio questo momento per tornare in Puglia?

Vessel: La Puglia di oggi non è quella che abbiamo lasciato quando abbiamo deciso di formarci fuori. Piccole e grandi realtà culturali operanti nella regione sembrano avere una consapevolezza sempre più profonda del ruolo che possono ricoprire all'interno della società contemporanea. Il desiderio di instaurare delle relazioni con l'esterno, o di riportare le esperienze maturate durante gli anni di formazione all'interno di questo territorio, ha creato un terreno volto alla comunicazione e allo scambio delle conoscenze e delle esperienze.
 
 
Giusy Checola: L’attuale momento di apertura alla sperimentazione artistica e culturale della Puglia coincide con una mia riflessione sulle necessità del territorio in termini di ricerca e di formazione artistica e curatoriale, che hanno determinato la decisione di studiare e acquisire esperienza altrove, e coincide con una fase del mio percorso professionale in cui sento la necessità di utilizzare quella esperienza per la costruzione di un progetto a lungo termine che per me abbia un senso, come pugliese e come professionista che si relaziona al contesto internazionale, con una particolare attenzione verso gli spazi di transizione socio-culturale. 

Archiviazioni nasce da un’indagine sul campo avviata agli inizi del 2009 mentre lavoravo al progetto PASS – Produce Art (as) Social Strategy, che ho ideato e che curo con Elisa Del Prete per Nosadella.due di Bologna, dedicato alla conoscenza e all’interazione con  la scena artistica dei paesi dell’est europeo e del Mediterraneo attraverso scambi di residenze e periodi di studio, che analizza il ruolo che la pratica artistica e curatoriale svolgono oggi nella ridefinizione culturale di un territorio e nella sua ricollocazione nell’ambito della mappa europea. Questa indagine è stata sviluppata fin dagli inizi con Luigi Presicce, che cura con me le attività di Archiviazioni, e Salvatore Baldi, che collabora alla produzione e alla logistica.
 
Rispetto alla cooperazione confermo la difficoltà di relazionarsi agli attori locali in modo costruttivo e a lungo termine fin dalla fase embrionale di un progetto, così come con le altre regioni del Sud, non è affatto facile. Non solo per lo spirito tradizionalmente individualista, ma anche perché all’entusiasmo iniziale si sostituisce spesso la mancanza di una visione più ampia e dunque di una costanza nell’impegno e nel dispendio di energie nella fase di avvio del progetto, che è quella più complessa, lunga e fondamentale, dove si gettano le basi su cui il progetto prende corpo e sostanza.
 
Si fa ancora fatica ad assorbire il concetto che comunicare un intero territorio in crescita oggi, in relazione al contesto nazionale e internazionale, è più efficace e proficuo per tutti. Questo ha a che fare non solo con la necessità di uscire da un certo isolamento culturale ma anche con lo stato di mobilità fisico e mentale che caratterizza noi lavoratori immateriali “post-fordisti”, come spiega il sociologo dell’arte Pascal Gielen*, una mobilità a cui noi meridionali siamo storicamente abituati, prima ancora che il nomadismo culturale divenisse un aspetto peculiare dell’arte contemporanea.
 
I vostri progetti si pongono entrambi come contenitori dinamici, finalizzati ad attivare sinergie e relazioni dentro e fuori il territorio. Per tutti e due la parola chiave sembra essere quella della partecipazione. Più che il momento espositivo, si privilegia la dimensione processuale del confronto critico, dell’apertura di momenti di riflessione, secondo un esigenza negli ultimi tempi sempre più diffusa. A chi vi rivolgete in concreto e quali sono i vostri obiettivi a breve e lungo termine?

Vessel: Il concetto di partecipazione è fondamentale nel nostro progetto. Coloro a cui ci rivolgiamo (per lo più operatori del settore culturale inteso in senso ampio) non sono mai un vero e proprio pubblico, ma diventano parte attiva dei processi di riflessione e di interazione che mettiamo in atto in tutte le nostre attività. In questo modo contiamo di creare un contesto che sia in grado di dialogare con quello già esistente dando vita a una serie di relazioni che producano dialogo e continuità all'interno e mobilità verso l'esterno.
 
G.C.: Non si può prescindere dall’analisi del contesto e dall’approccio interdisciplinare, dal coinvolgimento di chi quel territorio lo vive quotidianamente e soprattutto dal work in progress come fulcro centrale attorno a cui si sviluppano le attività del progetto, se l’obiettivo è l’avvio di un processo che contribuisca alla crescita artistica e culturale locale, a una maggiore consapevolezza della realtà che ci circonda, degli spazi e delle situazioni che viviamo, e dunque delle nostre scelte di vita e di lavoro.
 
Archiviazioni lavora sull’intero processo creativo, dalla fase di ricerca, discussione e di ideazione a quella di produzione e di presentazione, poiché in un’unica sede – un ex spazio industriale alle porte di Lecce - include Archivica, uno spazio di discussione, un laboratorio attrezzato per la produzione delle opere e uno spazio espositivo, che si affianca alle location fuori sede, per presentare gli esiti delle azioni sul territorio e un programma di talk, rassegne video e mostre. È uno spazio di lavoro inteso come luogo di confronto, socialità e aggregazione che tuttora manca, immerso in un bellissimo paesaggio rurale.
 
Oltre a “partecipazione” e “processo” l’altra parola chiave che ci caratterizza è “relazioni”, umane e professionali. Per le ragioni descritte prima le attività di Archiviazioni si basano e si arricchiscono sulla relazione con altre istituzioni e organizzazioni artistiche, così come Archivica si relaziona ad altri archivi e centri di documentazione locali, nazionali e internazionali: abbiamo avviato una collaborazione con gli archivi regionali di arte contemporanea a Sud che da diversi anni lavorano per la promozione della scena artistica locale, come Exposito a Napoli e Index in Basilicata, che sono archivi digitali, fungono più che altro da agenzie e non hanno uno spazio fisico dove poter vedere e conoscere meglio il lavoro degli artisti, i progetti dei curatori e le ricerche dei teorici di discipline affini; abbiamo avviato una collaborazione con DOCVA- Care Of e il centro di documentazione di Connecting Cultures di Milano specializzato sul rapporto tra arte e paesaggio, di cui fa parte anche uno scambio di materiali presenti nella sezione Interno Sud di Archivica, per promuovere il lavoro degli artisti e dei curatori che operano sul nostro territorio, mentre i loro materiali – spesso introvabili, come la video-documentazione di biennali e il work in progress di progetti e workshop realizzati da Mario Gorni negli ultimi vent’anni – arricchiscono le diverse sezioni di Archivica; tra le collaborazioni internazionali quella con l’Asociacion Archivo Nuevos Medios di Quito, il più importante archivio dell’Ecuador, e con la Fondazione SKOR di Amsterdam, specializzata in progetti di arte pubblica che ci fornisce le pubblicazioni Open, che affronta le istanze della ricerca artistica e teorica rispetto all’arte pubblica. Alle collaborazioni si affianca l’acquisizione di archivi privati preziosi per la ricerca artistica aperti ora al pubblico come l’Archivio di Oreste, di Cesare Pietroiusti, Emilio Fantin, Luigi Negro e Giancarlo Norese; l’archivio privato di Anna Cirignola, che dagli anni Settanta raccoglie pubblicazioni, lettere, disegni, postcards e materiale fotografico di artisti nazionali e internazionali da Ontani a Paolini, da Carmelo Bene a Joseph Beuys; il Fondo Verri Liberi Cantieri.
 
Trattandosi di materiale inserito in tre sezioni specifiche che corrispondono alle necessità riscontrate durante il primo step di ricerca sul territorio, non viene utilizzato solo per la consultazione del pubblico ma funge anche da base per lo sviluppo delle azioni sul territorio e delle attività di Archiviazioni.
 
La globalizzazione rimette in evidenza, per apparente paradosso, l’esigenza di identità. Di solito questa esigenza rinvia, specie nelle aree periferiche, alla questione delle “radici” (di cultura, di natura, di vissuto).  È per voi un problema? E se sì, quali strategie o quali scelte chiama in causa?

Vessel: Non parlerei di questo come di un problema. Il concetto di identità e di radici molto spesso ha una matrice più politica che culturale. Secondo noi, attrarre su un territorio geograficamente marginale individui, esperienze e conoscenze provenienti da altri luoghi e altri contesti è un'operazione che mira a mettere in gioco punti di vista e approcci diversi, indispensabili per scatenare un processo di rielaborazione del concetto stesso di identità e per ricreare costantemente i parametri su cui essa poggia.
 
 
G. C.: La difficoltà di cooperare tra attori locali è legata anche alla questione delle radici, che è complessa ma che sicuramente è anche connessa a una certa retorica della propria identità e della provenienza. Rispetto alle strategie da adottare la priorità è quella di trovare un linguaggio comune con cui comunicare (realmente) con il proprio gruppo di lavoro e con il pubblico di riferimento, e attraverso cui lavorare per incanalare le energie verso un obiettivo comune.
 
Io stessa qui non sono considerata “pugliese”, perché sono di San Severo, troppo a Nord della Puglia. Per questa ragione sostengo che il Sud d’Italia, con la sua varietà di culture e identità, è osservatorio e laboratorio europeo privilegiato, dove studiare e costruire nuovi modelli di interazione tra arte e tessuto sociale, culturale ed economico. Si tratta prima di tutto di un lungo lavoro di scambio e di riconfigurazione del nostro modo di pensare e comunicare, umano e professionale, che ti costringe a mettere in discussione le certezze finora acquisite e a non dare per scontato che ciò che hai imparato altrove può essere semplicemente “esportato”. Potrebbe essere un buon esercizio per tutti.
 
La ricerca di rapporto con il territorio coinvolge secondo voi anche le scelte di linguaggi espressivi e di modalità di comunicazione? E con quale parco di ascolto e di confronto? È delimitabile secondo criteri di generazione, o di nicchia sociale e culturale? Nello specifico, come si rapportano Vessel e Archiviazioni all’idea di Mezzogiorno e di Mediterraneo?
 
Vessel: Ogni luogo richiede delle modalità e degli approcci del tutto specifici. L'aspetto relazionale connota fortemente Vessel e le sue modalità processuali e progettuali, tanto nella costruzione della programmazione, quanto nella comunicazione. In questa fase in particolare siamo costantemente alla ricerca degli strumenti attraverso i quali intessere queste relazioni e rapportarci con il territorio, per capire a chi ci stiamo realmente rivolgendo e con chi possiamo instaurare un dialogo costruttivo. Non credo che questo dipenda da fatti generazionali o di nicchia. Credo che piuttosto il fattore Sud e il fattore Mediterraneo abbiano un valore fondamentale nel nostro tentativo di relazione con il territorio: quando in relazione al territorio nazionale e all'Europa centrale la Puglia è vista come marginale, se considerata in ambito mediterraneo, la sua centralità si fa evidente. Tentare di creare un ponte tra queste definizioni e queste categorie può far sì che questo luogo diventi un connettore culturale, un punto di riferimento per l'intera Europa.
 
 
G. C.: Non c’è una scelta specifica del linguaggio espressivo, previa differenziazione ancora necessaria tra arti visive e artigianato, seppur di alto livello. C’è bisogno invece di selezione, di spirito critico e di una visione più ampia, internazionale e a lungo termine. E di elaborare altre modalità di formazione e di confronto, nei termini definiti dall’immagine elaborata da Stefanos Tsivopoulos per Archiviazioni.org, che riflette sulla differenza tra una società eteronoma e una società autonoma, analizzata dal filosofo e psicanalista di origine greca Cornelius Castoriadis** .
 
Sicuramente le attività del progetto sono rivolte a un pubblico ampio ma soprattutto ai giovani artisti, curatori e agli studenti, perché saranno loro a decidere se operare qui o altrove nel prossimo futuro, in che modo e a quale scopo.
 
Nel nostro caso così come nel caso di altri paesi dell’area mediterranea, siamo in una fase di passaggio tra il sentire la necessità superare le barriere e uscire dall’isolamento culturale e l’agire (quando parlo di isolamento culturale non mi riferisco solo alla conoscenza specifica ma all’intero sistema di valori). Questo è l’esito di un processo di transizione avviato negli ultimi quindici anni e stimolato da una maggiore possibilità di circolazione delle informazioni, senza il quale ad esempio l’interesse internazionale degli ultimi anni per la scena artistica e culturale di paesi come la Turchia e il Libano, così come le recenti rivolte in Tunisia, Egitto e Libia – di carattere culturale prima ancora che economico e politico – non avrebbero avuto luogo.
 
Per queste ragioni Archiviazioni lavora sul Sud contemporaneo come concetto e come spazio di discussione, attraversamenti e di biforcazione, come teorizzato dai pluricitati Deleuze e Guattari in Mille piani oltre trent’anni fa***, quindi un concetto di spazio che va al di là della sua definizione e di vicinato geografico ..cosa vuol dire oggi essere a Sud? A Sud di chi e di che cosa?
 
Queste impostazioni si riflettono anche nella concezione dell’archivio. Entrambi rifiutate l’idea della mappatura di artisti. Quali sono le modalità di selezione?
 
Vessel: Quello di vessel è un centro di documentazione: non una vetrina per gli artisti pugliesi, ma un luogo di lavoro e di consultazione dove il materiale che Vessel mette a disposizione di curatori e altri artisti diventa la base per un lavoro di rielaborazione e ridefinizione culturale.
 
 
G.C.: Se fai una mappatura includi tutto quello che trovi per guidare un certo tipo di pubblico alla conoscenza della scena artistica del territorio basata su cosa c’è non su com’è o come sarà. Per pensare a un archivio e centro di documentazione come Archivica occorre tempo e lavoro, la suddivisione nelle tre macrosezioni corrisponde a tre necessità territoriali individuate durante i due anni di ricerca, in cui sono emersi alcuni elementi importanti su cui lavorare, tra cui: l’accesso alle informazioni e all’aggiornamento (sulle esperienze formative e professionali di livello internazionale in Italia e all’estero, sulle pratiche e le istanze attuali della ricerca artistica e teorica, sulla relazione con esperienze artistiche nazionali e internazionali etc.) che affronta Radar; sul metodo e sulla progettualità nella costruzione del rapporto tra arte e territorio, su cui si basa Sopralluoghi; sulla necessità di colmare un vuoto relativo alla documentazione sulla scena artistica a Sud per la necessità di costruire una memoria storico-artistica del presente e del futuro, su cui lavora Interno Sud.
 
Come pensate di rapportarvi al sistema dell’arte, mercato incluso? E alle istituzioni locali, come l‘Università e le Accademie di Belle Arti?

Vessel: Siamo molto interessati a sviluppare il nostro network, interagendo, quando le finalità sono comuni e quando il confronto si fa costruttivo, tanto con istituzioni locali e universitarie, quanto con le realtà indipendenti appena nate, non necessariamente interne al sistema dell'arte ma legate a un'idea di cultura multidisciplinare aperta e attenta ai processi sociali e politici.
 
 
G. C.: Il sistema dell’arte non è un’entità astratta, noi stessi ne facciamo parte, ci piaccia o no. Preferisco quindi pensare a questo sistema come a un insieme di persone che operano nello stesso ambito ma con scopi, metodi e approcci diversi, con cui, se si condividono finalità e metodi, sono ben accetti il confronto e la collaborazione.
 
Lo stesso discorso vale per le istituzioni locali, nelle Università e nelle Accademie ad esempio ci sono docenti, giovani ricercatori o assistenti anche di altre discipline che hanno un’apertura considerevole verso la sperimentazione di modelli di interazione interdisciplinare e di analisi territoriale, con cui naturalmente intendiamo relazionarci.
 
 
Un elemento centrale del vostro programma è la pratica delle residenze. Vessel punta su curatori internazionali, Archiviazioni anche sugli artisti. Che valore ha per voi questa modalità di confronto? E come sono articolate le residenze?

Vessel: Le residenze sono uno strumento di grande valore per Vessel. Sono sia uno strumento di ricerca e di analisi del territorio attraverso uno sguardo proveniente da un contesto differente, e per questo in grado di attuare, insieme a noi e agli operatori, una vera e propria rielaborazione di concetti e categorie legate al territorio. Inoltre i curatori in residenza potranno confrontarsi con gli artisti e i curatori della zona, dando inizio, quando possibile, a collaborazioni e scambi che potranno trovare forme progettuali in futuro al di fuori della regione. I curatori saranno sempre invitati in coppia, e saranno sempre provenienti da Ovest ed Est Europa.
 
G.C.: Nel nostro caso le residenze sono una delle diverse modalità di svolgimento delle nostre azioni e di quell’interazione con il territorio che citavo prima, che proprio perché si relazionano a diversi linguaggi e contesti e si svolgono in collaborazione con diversi soggetti, non seguono una struttura predefinita ma aperta. E rispetto al suo approccio interdisciplinare, indispensabile se intendiamo approfondire la conoscenza e la relazione con il territorio, oltre ai curatori, i teorici e gli artisti Archiviazioni coinvolge nei programmi di residenza esperti di altre discipline, con cui interagisce durante la fase di esplorazione e di sviluppo dell’idea progettuale.
 
Attualmente chi avete in residenza? Con che criteri vengono scelti artisti e curatori? Quali sono le altre  iniziative in corso?

Vessel: Questo primo ciclo di residenze ospiterà il curatore belga Pieter Vermeulen e Arzu Yayintas, curatrice turca. Anche per i curatori la scelta avviene in base alla processualità della loro pratica e al valore del progetto rispetto alla formalizzazione.
 
 
G.C.: È terminato da poco il programma di residenza del duo di artisti olandesi Fucking Good Art, invitati da Nomas Foundation di Roma a svolgere un’indagine in tutta Italia, in cui siamo stati coinvolti come referenti per la Puglia per pensare al concept e all’organizzazione del loro programma di residenza qui.
 
L’intero progetto era dedicato all’indagine sul sistema dell’arte contemporanea nell’Italia di oggi come osservatorio di ridefinizione delle politiche culturali in conseguenza alla proliferazione di progetti indipendenti, di forme di auto-organizzazione e di finanziamento miste pubblico-privato. Abbiamo sviluppato il loro programma di residenza attraverso percorsi di conoscenza del territorio, non solo in termini artistici ma anche storici, sociali e identitari, dall’antichità a oggi, approfondendo la discussione sull’analisi delle politiche culturali territoriali e delle forme di autorganizzazione, sull’incidenza delle azioni pubbliche, private e indipendenti a favore della crescita artistica e socio-culturale locali e sui suoi esiti nelle diverse “Puglie”. Al termine del progetto verranno prodotte da Nomas Foundation una mostra e una pubblicazione.
 
Una questione delicata è quella del sostentamento finanziario. Vessel quest’anno può contare sullo stanziamento del bando di Principi attivi, Archiviazioni opera fin dall’inizio con sponsorizzazioni private. Poiché sono progetti che funzionano sulla lunga durata, come pensate di riuscire a sostenervi anche nei prossimi anni?

Vessel: Il fondo ottenuto dalla Regione Puglia ha permesso di avviare il nostro progetto godendo di una certa tranquillità, ma è stato comunque necessario intraprendere un processo di collaborazione con istituzioni culturali (Goethe Institute, Istituto culturale romeno di Venezia) per far sì che alcune spese fossero coperte in altro modo. In questa stessa fase il supporto di partner territoriali ci ha consentito di affrontare spese altrimenti non sostenibili. Il nostro dinamismo e il carattere anche innovativo del nostro spazio ci hanno permesso di ovviare alla mancanza di attività pregresse che funzionassero da credenziali non solo per un sostegno economico diretto, ma anche per allacciare rapporti di collaborazione con altri enti e istituzioni. Seguire queste linee sarà fondamentale anche per il futuro. Lavorare al fianco di altri soggetti e fare gruppo con questi ultimi ci permetterà poi di lavorare su bandi e progetti di portata maggiore. Quella del sostentamento è un processo delicato che va costruito gradualmente anche perché il grantmaking e il modello tradizionale di supporto pubblico non sempre sono sufficienti. Per questo motivo contiamo inoltre di realizzare attività che siano di supporto al raggiungimento del nostro scopo sociale.
 
G.C.: Continueremo a lavorare sia con gli sponsor che con i partner attuali, secondo una visione progettuale a lungo termine, come con Masseria Torre Coccaro, nostro main sponsor attraverso i progetto MAP Masseria Art Project (info www.masseriaartproject.com) e il laboratorio di Architettura Semerano, nostro principale partner, che ci ha concesso l’utilizzo degli spazi dell’ex fabbrica di tabacco alle porte di Lecce, dove nel 2005 l’architetto Toti Semerano ha aperto il laboratorio di Architettura oggi divenuto Laboratorio di Arte e Architettura, nostra attuale sede. Grazie al prezioso contributo di Anna Cirignola ed Elvira De Masi, che promuovono il progetto su tutto il territorio, stiamo lavorando alla costruzione di una rete di partnership pubbliche e private, al cui interno interagiscono la dinamicità e la flessibilità del settore privato con la natura collettiva del settore pubblico. Le nostre partnership ci forniscono servizi che altrimenti sarebbero per noi un costo, come le media partnership locali e nazionali con Undo.net e Il Paese Nuovo.
 
Rispetto ai progetti lavoriamo in co-produzione e partnership con altre organizzazioni, come Ramdom Association, che ha appena lanciato una open call per la partecipazione di artisti locali a Default, una master class in residence internazionale che si svolgerà a settembre in cui siamo coinvolti (info www.ramdom.net).
 
È stata già avviata la creazione di una rete di collaborazioni con associazioni, istituzioni e organizzazioni artistiche e culturali locali, con le realtà che hanno creato una loro microeconomia e che operano sul territorio con un approccio trasversale, come il Gruppo Musagetes, di cui facciamo parte, il Gruppo archeologico di Terra d’Otranto ed esperti di agricoltura biologica come l’azienda Campolisio Sarruni.
 
Stiamo anche pianificando attività di autofinanziamento e di raccolta di fondi nazionali ed europei in collaborazione con Federica Scorza.
 
Avete già instaurato tra voi una forma di partnerariato. Come immaginate di elaborare ulteriori sinergie?

Vessel: Archiviazioni e Vessel sono due realtà appena nate. La forma di partenariato che abbiamo stabilito è una sorta di dichiarazione di fiducia reciproca, che potrebbe trasformarsi in collaborazione più strutturata in futuro. Tuttavia riteniamo che questo momento sia per entrambe le organizzazioni fondamentale per la definizione delle rispettive identità e per la costruzione dei contenuti. Ad ogni modo anche in questi primi mesi ci sono state e ci saranno occasioni spontanee di incontro e di scambio.
 
 
G.C.: L’elaborazione di sinergie future in effetti è in via di definizione. Al momento stiamo lavorando alla strutturazione dell’organizzazione interna e alla gestione degli spazi di Archiviazioni presso il laboratorio di Arte e Architettura. Poi vedremo.
 
* Pascal Gielen, The Mormoring of the Artistic Moltitude. Global Art, Memory and Post Fordism, Valiz, Amsterdam, 2009
 
** Cornelius Castoriadis, Figures of the Thinkable, Stanford University Press, 2007
 
*** Gilles Deleuze e Félix Guattari, Mille piani. Capitalismo e schizofrenia, ed.italiana Castelvecchi editore, Roma, 2003


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